PERTH – Umanizzare l’arte in una società, quella dei Paesi occidentali, dove l’arte è costantemente deumanizzata. Spronare l’essere umano a lavorare e vivere con dignità, esplorare i profondi meandri della propria coscienza, ascoltando quello che il proprio io primordiale gli comunica, piuttosto che farsi inquinare dalla crescente negatività del mondo moderno. 

Questo è il credo secondo il quale vive e crea Giorgio Faggioni, artista autodidatta toscano di nascita, e australiano di adozione.

Le radici di Faggioni affondano nella splendida isola toscana d’Elba, dove nasce nel 1931. I primi anni di infanzia sono segnati da vari spostamenti tra La Spezia, luogo natìo del padre, Roma, di nuovo l’isola d’Elba e La Maddalena. Ed è proprio nell’affascinante e selvaggia isola sarda che Faggioni si trova con la famiglia allo scoppio della Seconda guerra mondiale: “Io allora ero solo un bambino, ma ricordo ancora che tutti la chiamavano ‘la guerra lampo’. è durata cinque anni però”.

La famiglia Faggioni, come tante nel dopoguerra, decide di emigrare in Australia nel 1949. “Siamo arrivati nello Stato del Victoria, e ci sono rimasto per cinquant’anni. Ma non sono mancate le occasioni di rientrare in Italia in quegli anni”.

Faggioni fa rientro nella madrepatria svariate volte nel corso degli anni e, nel 1970, la decisione di tornare a vivere nella sua Toscana, a Livorno, con la giovane famiglia. Segue poi il rientro in Australia su desiderio del figlio maggiore. Ma il forte attaccamento alle radici continua a farsi sentire, e Faggioni torna a vivere in Toscana varie volte. Solo pochi anni fa prese la decisione definitiva di tornare, permanentemente, Down Under, questa volta a Perth, per vivere vicino alla figlia Sonia.

La chiamata artistica di Faggioni avviene però nelle campagne del Victoria, all’età di 20 anni: “Essendo un paesino piccolo, alla sera non avevo niente da fare e così ho incominciato ad avvicinarmi alla pittura. Quando avevo 22 anni, anche se lavoravo nel settore della metalmeccanica, ho proseguito con la pittura a olio, con il pastello, l’acquerello, l’arte dell’incisione, e la scultura”. 

Faggioni si presenta come un artista poliedrico che non ha paura di sperimentare, alla costante ricerca di un qualcosa di nuovo da interiorizzare, trasformare e donare agli altri “per migliorare la vita delle persone su questa terra”. Il tutto sempre mantenendo la sua posizione da metalmeccanico per 30 anni. Tra le tecniche preferite da Faggioni, quella della scultura in bronzo, un tipo di materiale che “è possibile lavorare e rilavorare, ed è sempre capace di trasmettere un’idea di movimento, a differenza del marmo”, salvo epiche rappresentazioni come quella del Ratto delle Sabine di Giambologna (esposto nella Loggia dei Lanzi in Piazza della Signoria a Firenze, ndr).

“Se lei va all’MCG, osservi le statue in bronzo degli atleti rappresentati. Si accorgerà che tutte esprimono un grande senso di movimento”.

Nonostante il suo percorso artistico indipendente, Faggioni si avvicina alla Victorian Artists Society di Melbourne, dalla quale è stato onorato come socio a vita nel 2012, per il suo contributo e servizio all’arte. Sono tanti i riconoscimenti che colleziona durante gli anni, dall’Incentive Award, ricevuto nel 1987, alla Victoria Police Art Exhibition. Faggioni espone frequentemente le sue opere alle mostre artistiche della Polizia del Victoria e New South Wales negli anni ‘80, spesso ricevendo premi e riconoscimenti per opere volte a ricordare la vera missione della Polizia, quella della protezione e  soccorso dell’individuo. 

Nel 1995 due sue opere di incisione, intitolate rispettivamente Bricklayer e On the Beach, vengono esposte al National Museum of Canberra, dove è ancora possibile ammirarle. Le sue opere sono state anche presentate in varie mostre d’arte del Victoria, oltreoceano e in esibizioni artistiche individuali in Toscana.

Pochi anni fa, poi, il ritorno a vita – metaforico – alla sua nativa Elba, tramite l’installazione di una statua di bronzo a grandezza naturale da lui creata, intitolata L’Intrepido Cavatore. La statua, commissionata nel 1996 dall’amministrazione comunale del suo paese di Capoliveri, è stata portata dallo stesso Faggioni all’Elba nel 2016 ed è diventata un simbolo dell’isola e di tutti quegli infaticabili minatori e lavoratori del ferro, indietro fino all’epoca etrusca, che hanno da sempre garantito la sopravvivenza della piccola isola toscana, particolarmente conosciuta non solo per le sue bellezze naturalistiche, ma anche per le sue risorse minerarie. 

Da circa una decina di anni, Faggioni ha cresciuto una maggiore consapevolezza e certezza che l’arte trascenda la vita, e viceversa. Il suo messaggio è uno solo: quello che lui ha fatto, e che fa, lo può fare chiunque.

“Sono convinto che ogni essere umano ha un potenziale latente in grado di esprimere, se si presentano le condizioni favorevoli. Tutto sta ad ascoltare la propria coscienza. Mio nonno non era formalmente istruito, ma sapeva ben distinguere il bene dal male, e ha vissuto una vita fatta di onestà e altruismo. Se tutti la pensassimo così, sono sicuro che non ci sarebbe alcuna violenza nel mondo. Se tutti fossimo concentrati a esprimere al meglio il nostro potenziale, invece di farci confondere dal sistema, non conosceremmo guerre”.