PORT-AU-PRINCE – Haiti ha mosso di nuovo una pedina che sembrava bloccata da anni: quella del voto. Il Consiglio presidenziale di transizione (Cpt) ha approvato una nuova legge – emanata sotto forma di decreto in assenza di un Parlamento pienamente operativo – che stabilisce il quadro legale per organizzare elezioni generali, per la prima volta dal 2016.

Con questa decisione, lo Stato è autorizzato a pubblicare un calendario elettorale ufficiale e ad avviare la logistica necessaria per eleggere presidente e rappresentanti legislativi, in una transizione che si protrae dall’assassinio del presidente Jovenel Moïse, nel luglio 2021.

Il Cpt è un organo collegiale creato nel 2024, con il sostegno della Comunità dei Caraibi (Caricom), per gestire il vuoto istituzionale lasciato dalle dimissioni del precedente governo e guidare il Paese verso un ricambio democratico. Da allora, il consiglio alterna la sua presidenza tra i membri e nomina il primo ministro in carica, in un assetto eccezionale sostenuto dall’emergenza politica e di sicurezza.

L’ultima volta che Haiti ha votato in elezioni generali è stato nel 2016. La paralisi successiva ha combinato crisi politiche ricorrenti, scadenze dei mandati senza sostituzione, mancanza di garanzie minime e un deterioramento della sicurezza che ha allontanato ripetutamente qualsiasi possibilità elettorale. Con Moïse assassinato e il Paese senza presidente dal 2021, la transizione si è trasformata in una proroga indefinita.

Il Consiglio elettorale provvisorio (Cep), istituzione indipendente incaricata di organizzare le elezioni, aveva già presentato un calendario provvisorio che ora potrà essere ufficializzato: primo turno presidenziale e legislativo il 30 agosto 2026 e secondo turno il 6 dicembre dello stesso anno, con autorità pronte ad assumere l’incarico nel gennaio 2027. L’approvazione del quadro elettorale rimuove l’ultimo ostacolo legale per trasformare quelle date in calendario formale.

Ma anche con possibili date fissate, il fattore decisivo è un altro: la sicurezza. Haiti attraversa un’escalation di violenza delle bande armate, peggiorata dall’inizio del 2024. Le Nazioni Unite stimano che i gruppi armati controllino gran parte di Port-au-Prince, un dominio territoriale che moltiplica sequestri, omicidi e sfollamenti di massa. Senza garanzie per aprire seggi, fare campagna elettorale o semplicemente circolare, il Cep ha avvertito che il calendario potrebbe subire nuove rinvii.

La legge è stata approvata in un clima di tensione interna. Tre dei sette consiglieri con diritto di voto non erano presenti alla sessione: tra essi, Fritz Alphonse Jean, figura influente del Cpt e recentemente sanzionato dagli Stati Uniti con restrizioni del visto, dopo essere stato accusato di legami con bande armate.

Jean ha respinto le accuse e denunciato che Washington utilizza tali misure come strumento per influire sulla politica haitiana. L’episodio ha approfondito le fratture all’interno del consiglio e si è intrecciato con un’altra disputa più ampia: il tentativo di alcuni membri del Cpt di rimuovere il primo ministro Alix Didier Fils-Aimé.

Parallelamente corre una scadenza politica difficile da ignorare. Secondo gli accordi di transizione, il Cpt dovrebbe lasciare il potere il 7 febbraio 2026 per facilitare il ritorno a un governo democratico. L’approvazione del quadro elettorale appare dunque come una condizione indispensabile affinché l’uscita non sfoci in un nuovo vuoto istituzionale. Tuttavia, la distanza tra quella data e un’elezione prevista per agosto 2026 rivela la fragilità del cronoprogramma e lascia presagire complesse negoziazioni su chi amministrerà il Paese in quei mesi intermedi.

Laurent Saint-Cyr, presidente del Consiglio, ha presentato la decisione come un obbligo storico: restituire al popolo haitiano la possibilità di scegliere “liberamente e responsabilmente” le proprie autorità e recuperare la legittimità perduta. Dal Cep, il suo presidente Jacques Desrosiers ha parlato di un passo “irreversibile” verso le elezioni, a condizione che il Paese riesca a stabilizzare il territorio.

L’approvazione del testo elettorale non risolve la crisi haitiana, ma fissa un punto di partenza rimandato per anni. La sfida è enorme: ricostruire un registro elettorale affidabile, finanziare un’elezione nazionale, garantire seggi e vie di comunicazione, permettere la competizione politica in zone controllate da bande e, soprattutto, convincere una cittadinanza stremata che votare possa ancora cambiare qualcosa. Haiti ha aperto la porta alle urne. Ora serve, letteralmente, un Paese che possa raggiungerla.