GAZA - Hamas ha annunciato di aver accettato la proposta Usa di rilasciare il soldato Edan Alexander, cittadino statunitense. Oltre ad Alexander, Hamas consegnerà i corpi di altri quattro prigionieri uccisi che hanno la doppia cittadinanza, secondo quanto riferito dal Times of Israel. 

Alexander è un soldato che il 7 ottobre era di stanza vicino alla Striscia di Gaza, quando è stato fatto prigioniero da Hamas. I miliziani palestinesi non hanno fornito i nomi dei quattro prigionieri con doppia cittadinanza uccisi. Il gruppo terroristico ha inoltre comunicato “la sua completa disponibilità ad avviare negoziati e raggiungere un accordo globale sulle questioni della seconda fase, chiedendo a Israele di attuare pienamente i suoi obblighi”. 

Intanto numerose famiglie di ostaggi israeliani hanno inviato una lettera al presidente degli Stati Uniti per chiedere il suo aiuto e cercare di aumentare la pressione su tutte le parti che lavorano per negoziare un accordo tra Israele e Hamas. Lo riferisce il Times of Israel, riportando la notizia, diffusa dall’emittente pubblica Kan.

Gli autori della missiva sono: Lishi Miran Lavi, moglie dell’ostaggio Omri Miran; Liran Berman, il fratello maggiore dei gemelli ostaggi Gali e Ziv Berman; Dalia Kushner, cognata dell’ostaggio Eitan Horn e dell’ostaggio rilasciato Iair Horn; Yotam Cohen, fratello del soldato prigioniero Nimrod Cohen, ed Einav Zangauker.  

“Per più di un anno e mezzo, il governo israeliano ha giocato con la vita dei nostri cari – hanno scritto –. Le assicurazioni sono state date e violate. Le speranze sono state date e calpestate. Mentre il primo ministro e i membri del suo governo evadono, si nascondono e aspettano il loro momento, i nostri ostaggi vengono torturati duramente, e abbiamo visto i risultati dei terribili abusi quando sono tornati da noi in bare o emaciati e torturati”, proseguono nella lettera. 

Secondo quanto riferito, Donald Trump - che la scorsa settimana ha incontrato un gruppo di ostaggi liberati nello Studio Ovale - ha espresso commozione sulle condizioni di alcuni di loro, che hanno affrontato mesi di fame e abusi da parte dei rapitori.

Le famiglie di alcuni ostaggi hanno sempre più esaltato Trump come l’ultima loro speranza, accusando al contempo il governo del premier Benjamin Netanyahu di essere inefficace e impantanato nelle spaccature della coalizione. “Quando non c’è più nessuno su cui contare, ci rivolgiamo a lei, presidente Donald Trump”, hanno implorato.  

Le famiglie si sono rivolte poi direttamente al governo di Tel Aviv, accusandolo di “abbandonare la vita dei figli per l’ostinata insistenza su posizioni che non hanno alcuna relazione con una minaccia alla sicurezza”. E hanno assicurato che “se non si agisce immediatamente per restituire tutti gli ostaggi vivi, riveleremo alla gente tutto ciò che ci hanno detto. Tutte le promesse non mantenute”.