Quando si ha l’occasione di parlare con un’artista, irrimediabilmente si finisce per avere quell’impressione che, al di là della persona e delle sue doti – musica, danza o pittura che sia –, ci sia sempre una sorta di aura spirituale che li avvolge. Ida Pelliccioli, pianista dal sangue slavo e latino, più precisamente croato e italiano, suona il pianoforte da quando aveva cinque anni, influenzata dal padre pittore che trovava la sua dose di ispirazione artistica nell’ascolto di musica classica.
All’età di dodici anni, Pelliccioli comunica ai genitori che vuole trasformare il suo amore per il piano in una vera e propria professione. Ora, che di anni ne ha trentasei, ha già sfiorato una certa maturità professionale tanto da riuscire, inconsapevolmente, a trasformare la sua arte in un’esperienza trascendentale, dove passione, anima e corpo si fondono, agevolati da un profondo livello di concentrazione e grande preparazione tecnica.
“In un concerto, in particolare, per qualche secondo, è stato come se fossi uscita dal mio corpo e ho visto me stessa suonare sul palco – racconta Pelliccioli –. Credo che questi momenti arrivino quando si è a un punto di concentrazione estrema, con un livello di preparazione dove tutte le condizioni sono ottimali. Si ha quindi l’impressione di poter esattamente controllare tutto quello che succede durante l’esecuzione musicale”.
Nata a Bergamo, si traferisce in Costa Azzurra con i genitori all’età di cinque anni. Qui frequenta il Conservatorio di Antibes, per poi sportarsi nel Conservatorio regionale di Nizza. Segue il trasferimento a Parigi, dove viene seguita dal pianista e ‘UNESCO Artista per la Pace’, Sergueï Markarov. Nonostante quello dovesse essere un trasferimento temporaneo, Pelliccioli risiede ancora nella capitale parigina, a due passi dall’iconica Tour Eiffel, lavorando come professoressa al Conservatorio dell’ottavo arrondissement.
Nei suoi anni di formazione ottiene svariate borse di studio e rimane, ad oggi, una delle poche pianiste ad avere attivamente collaborato con il virtuoso musicista cubano Jorge Luis Prats.
Il repertorio musicale francese ha da sempre una grande influenza nel percorso educativo e professionale di Pelliccioli, che però confessa di seguire il proprio cuore, andando a pescare anche da altri registri, tra cui quello italiano e spagnolo.
“Cerco sempre di creare un certo equilibrio nei miei programmi e faccio molta ricerca prima di scegliere i brani e i compositori che voglio interpretare”, spiega.
Una vera e propria missione, anche per la vastità del repertorio musicale a disposizione e quello che ancora aspetta di essere riscoperto, perduto da tempo per qualche misterioso motivo. “è un’enorme responsabilità quella di portare al pubblico qualcosa di nuovo, qualcosa di dimenticato dalla storia. Un compositore spagnolo di Siviglia, Blasco de Nebra, è vissuto nello stesso periodo di Mozart. Ma, per l’appunto, è stato dimenticato dalla storia e riscoperto solo cinquant’anni fa, quando i suoi manoscritti sono stati rinvenuti, un po’ per caso, in due monasteri spagnoli”, racconta la pianista.
Pelliccioli non nasconde l’eccitazione quando vengono toccati i temi storici e di riscoperta, confessando che, al momento, sta esplorando la musica di Ottorino Respighi e che ha avuto il privilegio di suonare antichi pianoforti e clavicembali posseduti da collezionisti privati: “Li ho suonati da amatore, poiché non ho mai avuto una vera e propria formazione professionale per suonare il clavicembalo. Sicuramente, toccare questi strumenti antichi fa capire molto della scrittura dei compositori dell’epoca”.
Pelliccioli indica la diversità di suono di pianoforti e clavicembali di altre epoche, poiché posseggono un timbro sonoro molto più tenue. Continua spiegando che, ad oggi, c’è una necessità acustica diversa, considerando che molti concerti si svolgono in grandi teatri o spazi aperti con enormi platee, dove se si vuole raggiungere tutto il pubblico, il pianoforte deve avere “un suono più brillante, talvolta anche aggressivo”.
“Devo dire che negli ultimi anni c’è anche una riscoperta dei tradizionali concerti da salotto. Io ne faccio di diversi ed è piacevole, perché il pubblico è molto vicino a me e c’è un continuo scambio tra di noi”, spiega.
Da poco conclusa la sua tournée australiana, promossa dagli Istituti Italiani di Cultura, Pelliccioli si è esibita per la seconda volta in Queensland e per la prima volta a Melbourne, Sydney e Adelaide. Il repertorio musicale presentato spaziava dal periodo barocco fino al Romanticismo.
“Sono due programmi diversi: uno è intitolato Dal Sud a Vienna e include opere di Scarlatti, Mozart, Schubert e de Nebra, l’altro è Debussy e Influenze che racchiude la musica del compositore francese e che ho voluto inserire in un contesto con due altri compositori che l’hanno ispirato, il maestro barocco Jean-Philippe Rameau e il virtuoso pianista spagnolo Isaac Albenis”.
Un mese intenso di viaggi e concerti per il mondo, durante il quale la lontananza dagli affetti familiari si è fatta un po’ sentire.
“Questo è un mestiere molto solitario, anche se a me piace viaggiare e suonare in giro per il mondo”, racconta.
Dall’altro lato della medaglia, però, c’è la magia del palcoscenico, quell’irresistibile richiamo a esibirsi davanti a un grande pubblico.
“È un enorme privilegio – aggiunge Pelliccioli –. Il palcoscenico lo vedo come un posto di sperimentazione dove c’è un continuo scambio di energia. Si dice sempre che l’artista dia energia al pubblico, però ne riceve altrettanta. Ed è per questo che i concerti dal vivo sono così importanti e danno tanta soddisfazione”.
Nella sua usuale routine prima di ogni esibizione, non può mai mancare una tazza di caffè, quindici minuti prima di calcare il palcoscenico: “Giusto per calmare i nervi”.