Dalla mente geniale di Andrew Lloyd Webber, autore di capolavori immortali come The Phantom of the Opera e Cats, nasce School of Rock –The Musical, irresistibile adattamento teatrale del celebre film del 2003. La pellicola, che aveva consacrato Jack Black nel ruolo del musicista fallito ma visionario Dewey Finn, è diventata sotto la guida di Lloyd Webber un successo mondiale.

Dal 2 al 15 novembre, questo travolgente spettacolo approda finalmente al National Theatre di St Kilda grazie a Theatrical Inc., una delle compagnie indipendenti più amate di Melbourne. School of Rock – The Musical porta sul palco un’ondata di energia, ironia e pura gioia, raccontando la storia di Finn, un musicista squattrinato che, fingendosi supplente in una prestigiosa scuola, trasforma una classe di alunni modello in una rock band esplosiva.

Questa nuova produzione segna l’entusiasmante debutto teatrale di John Yanko, giovane musicista e performer emergente di origini italiane. Noto al pubblico televisivo per la sua partecipazione al programma The Piano della ABC, John affronta con carisma e passione il ruolo iconico reso celebre da Jack Black. “Interpretare un personaggio che piace tanto può essere intimidatorio, ma è una sfida che amo. Adoro i musical, sono divertenti e riescono a lasciare un’impronta sulle persone. Essere parte di questo spettacolo per me è davvero un sogno”, racconta.

Il suo Dewey non è una copia, ma un’interpretazione autentica e personale. “Cerco di catturare la genialità di Jack Black, ma anche di metterci qualcosa di mio. Così il pubblico ritrova ciò che conosce, ma scopre anche una prospettiva nuova”.

La regia è firmata da Cody Riker, vincitore del Regional Tony Award, con la direzione musicale di Mal Fawcett e le coreografie di Jaimee White. Sul palco, una band di giovani musicisti suona dal vivo brani iconici, tra cui It’s a Long Way to the Top (If You Want to Rock ’n’ Roll) degli AC/DC, accanto alle canzoni originali scritte da Lloyd Webber per il musical. L’effetto è elettrizzante: un concerto teatrale che esplode di ritmo, humour e con un significato profondo. 

Dietro la spavalderia del personaggio, la trama di School of Rock è, difatti, una dichiarazione d’amore alla libertà espressiva. Dewey Finn entra di nascosto nella rigida scuola Horace Green fingendosi un supplente, e tra spartiti e strumenti nascosti nei banchi insegna ai ragazzi a ‘sentire’ la musica, non solo a eseguirla. Li spinge a ribellarsi alle convenzioni, a scoprire la propria voce. 

“Il messaggio più importante – aggiunge John – è di non perdere mai di vista i sogni che avevi da bambino. Bisogna inseguirli davvero, cogliere ogni opportunità per realizzarli”.

Parole che risuonano genuine, forse perché vengono proprio da chi vive sulla propria pelle quella corsa contro il tempo tra scuola, prove e palcoscenico. Per il 19enne interprete la musica infatti è una vocazione precoce. “Ho iniziato a suonare la chitarra a sei anni e non ho più smesso. Sono cresciuto circondato dai dischi di mio padre, e presto ho iniziato a scrivere le mie canzoni”. Le sue giornate scorrono tra prove e studio: “La mia vita è al cento per cento musica e performance. Anche nei giorni liberi faccio riscaldamenti vocali, provo battute, scrivo canzoni. È un impegno totale”.

Dietro la sua sicurezza si intravede un legame profondo con le radici familiari. “I miei nonni materni vengono da due piccoli paesi nella provincia di Salerno. Da bambino ho visitato quei luoghi, poi Roma e altri posti meravigliosi. L’Italia mi è rimasta nel cuore”. Le sue origini, confessa, hanno influenzato anche la sua sensibilità artistica. “Amo la cultura, la storia e l’arte italiana. Michelangelo e Leonardo da Vinci mi ispirano tantissimo come innovatori. E poi, naturalmente, amo il cibo e la musica”.

Il percorso di John Yanko è solo agli inizi, ma la passione che lo anima ha già l’aspetto di un destino tracciato. “The Piano mi ha insegnato molto su me stesso, sulla fiducia e sulla mia creatività. È stata un’esperienza che mi ha ispirato artisticamente, emotivamente e anche spiritualmente”.

Quando gli si chiede con chi formerebbe la sua band dei sogni, non esita: “Prince, Paul McCartney, Freddie Mercury… e mio padre, che è chitarrista e cantautore”. E ironicamente aggiunge: “La chiamerei The History Makers”.