TEL AVIV - L’obiettivo era, evidentemente, quello di ampliare quanto più possibile il consenso in vista delle elezioni politiche che si svolgeranno domani in Israele per il rinnovo della Knesset.
Benjamin Netanyahu, a pochi giorni dal voto, ha annunciato l’intenzione di annettere ampie zone dei territori palestinesi occupati.
Nel corso di una conferenza stampa il premier israeliano ha delineato, con tanto di cartina geografica, un plausibile scenario in caso di rielezione: l’intenzione è di estendere l’autorità politica e giuridica israeliana alle zone già controllate da Israele, quelle della Valle del Giordano e del nord del mar Morto, una lunga, e fertile, striscia di terra lungo il confine della Cisgiordania con la Giordania. 
Nel suo discorso il primo ministro israeliano che, sulla base degli ultimi sondaggi pre-elettorali avrebbe un ridotto margine rispetto all’opposizione, ha chiesto agli elettori di concedergli un “mandato chiaro” per realizzare la promessa annessione.
Un’area dove convivono, non senza una certa tensione, circa 65mila palestinesi e almeno 11mila coloni israeliani.
I voti a cui punta il premier israeliano con questa mossa sono, infatti, proprio quelli dei coloni che vivono in quei territori, evidentemente molto tentati da formazioni politiche molto più spostate a destra rispetto al Likud di Netanyahu.
Come spesso accade quando si tratta di massimizzare il risultato elettorale, a pochi giorni dal voto si radicalizzano le posizioni e si polarizza l’elettorato su temi molto divisivi, senza tener conto, oltre che dell’opportunità politica a livello globale, neanche delle concrete possibilità che il diritto internazionale offre rispetto alla fattibilità di scelte di tal genere.
“Il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres - si legge nella dichiarazione ufficiale del portavoce Stéphane Dujarric - è preoccupato dalle dichiarazioni del primo ministro israeliano. Tali scelte, se implementate, costituirebbero infatti una palese violazione del diritto internazionale. Sarebbero devastanti perché andrebbero a minare gravemente la fattibilità della soluzione dei due Stati”.
La proposta ha scatenato inevitabili reazioni del mondo arabo. L’Arabia Saudita ha parlato di “pericolosa escalation” e ha chiesto un vertice di emergenza della Organizzazione della cooperazione islamica. E mentre la Turchia parla di “apartheid”, l’Olp sostiene che il proposito del premier israeliano “distrugge ogni possibilità di pace” in un’area in cui negli ultimi giorni non si sono mai fermati i lanci di razzi e droni. “La regione precipiterà nella violenza”, ha sottolineato il ministro degli Esteri giordano, Aymane Safadi.
Il primo ministro Netanyahu ha chiesto ai propri elettori di ricevere un “mandato chiaro..., il potere di proteggere la sicurezza di Israele”, con una proposta, quella dell’annessione di parti della Cisgiordania, che aveva già avanzato qualche mese fa.
Vedremo se le dichiarazioni elettorali avranno un seguito concreto nelle scelte di Israele, sempre che il voto di domani garantirà a Netanyahu la maggioranza in Parlamento.
Gli israeliani si recheranno ai seggi e troveranno praticamente le stesse formazioni di cinque mesi fa, con il Likud del premier contrastato da Kahol Lavan, formazione di centro sinistra che, sbiadito il ricordo del vecchio partito laburista, è sempre più di centro, con il suo leader, Benny Ganz, ex capo di stato maggiore delle forze armate che ha dato al suo partito un approccio ben più interventista rispetto al Likud.
Nei prossimi giorni è atteso, inoltre, il piano di pace di Trump per la soluzione della questione palestinese.