Sono luoghi comuni, è vero, ma se si pensa a un musicista rock, l’immagine che viene immediatamente alla mente è quella dell’artista scapestrato; se si pensa a un jazzista, è dell’artista estroso, portato all’improvvisazione, mentre se si pensa al musicista classico, si finisce con immaginare l’artista serio, diligente, disciplinato. Del resto, per diventare un pianista classico, bisogna investire anni e anni di studio, e per raffinare la tecnica di esecuzione, altri anni di perfezionamento. È anche il caso di Giulio Biddau, sardo residente a Parigi, che si è recentemente esibito in una serie di concerti presso gli Istituti italiani di cultura di Sydney e Melbourne dove l’ho incontrato per pranzo con alcuni membri della Sardinian Cultural Association (SCA). 
Diplomatosi presso il Conservatorio della sua città, Cagliari, Biddau ha poi ottenuto il diploma all’École Normale di Parigi, e la lode, all’Accademia nazionale di Santa Cecilia, a Roma. Dopo gli studi, sono iniziati l’attività concertistica, i concorsi internazionali, i palcoscenici di teatri prestigiosi, le collaborazioni con grandi orchestre quali quella dell’Accademia di Santa Cecilia e della Konzerthaus di Berlino. 
Alcune sue esecuzioni sono state trasmesse da Rai Radio 3, France Musique, la NHK giapponese e l’ABC australiana che risalgono già al suo secondo viaggio in Australia, quando Biddau aveva 21 anni. “Ho partecipato a un concorso di pianoforte a Sydney e sono stato eliminato in semifinale, ed è stato un vero peccato perché in finale si suonava all’Opera House. Le semifinali erano state trasmesse da ABC Classic, e la mia esecuzione era stata particolarmente apprezzata da un’ascoltatrice svizzera, che aveva contattato la stazione radio per rintracciarmi”, racconta. “La signora mi ha dato una busta che conteneva 1.000 dollari. Dato che ormai non ero più in concorso, ma avevo un po’ di soldi, ho deciso di fare una settimana di vacanza a Port Douglas [con una collega conosciuta nell’ambito del concorso]”. Un gesto un po’ da  rockstar “scapestrata”, pronta a improvvisare, penso, mentre presento a Giulio, Aurora e Sam Chighine, membri del comitato del SCA.
La conversazione si è orientata su vari argomenti, spaziando dalla Sardegna all’Argentina, dove Giulio ha spesso suonato, all’apprezzamento per i vini locali. Finalmente ho approfittato di una brevissima pausa per chiedere della prima volta in cui Giulio è approdato in Australia: “Avevo 16 anni ed ero a Wollongong per uno scambio studentesco per perfezionare l’inglese. Ero ospite di una famiglia e un giorno con i compagni di scuola. Abbiamo preso il treno, siamo andati a Sydney e siamo riusciti a comprare delle birre. Quando sono tornato a casa ho raccontato a tutti che finalmente, dopo due settimane in Australia, ero riuscito a bermi una birra, ed è stato allora che ho scoperto che la famiglia apparteneva all’Esercito della Salvezza, un’organizzazione a sfondo religioso anti-alcolici. Alla fine sono stato contento di tornare in Italia”. Nel corso del pranzo, parlando di vini, siamo riusciti a convincere Giulio, un artista più scapestrato ed estroso della media dei musicisti classici, a tornare a trovarci, per una gita nella Yarra Valley.
RICCARDO SCHIRRU