Il nuovo decreto-legge 28 marzo 2025, n. 36, che introduce limitazioni al riconoscimento della cittadinanza italiana per discendenza (iure sanguinis), potrebbe mettere a rischio la continuità delle comunità italiane all’estero.
Luigi Di Martino, presidente del Com.It.Es. del New South Wales, esprime preoccupazione non solo per i contenuti del provvedimento, ma anche per la modalità con cui è stato adottato: “Siamo rimasti sorpresi dall’uso del decreto-legge per una materia così complessa. Sarebbe stato necessario un confronto con le rappresentanze degli italiani all’estero prima dell’approvazione da parte del Consiglio dei Ministri”.
Il decreto introduce infatti una nuova condizione per la trasmissione della cittadinanza oltre la seconda generazione: l’antenato italiano deve aver vissuto almeno due anni in Italia.
Una misura che, secondo Di Martino, rischia di rompere il legame tra le nuove generazioni di discendenti e l’Italia. “Molti nostri nipoti perderanno la cittadinanza se la famiglia non ritorna in Italia per un periodo di tempo. È una perdita grave, perché colpisce proprio l’idea stessa di italianità tramandata all’estero”.
Nel testo della mozione approvata questo mese, l’InterComites d’Australia ha espresso una posizione chiara: la cittadinanza italiana non può essere subordinata alla sola permanenza fisica sul territorio italiano.
Al contrario, deve essere riconosciuto il valore delle competenze linguistiche e del legame culturale con l’Italia, elementi che molte famiglie italiane all’estero mantengono con impegno, anche dopo più generazioni.
Tra le proposte avanzate, l’InterComites invita il governo e il parlamento italiano ad aprire un confronto parlamentare ampio in sede di conversione del decreto, prevedendo criteri alternativi e più inclusivi per il mantenimento della cittadinanza.
Tra questi: la conoscenza della lingua italiana, la dimostrazione di un legame concreto con la cultura italiana,
oppure l’aver compiuto atti di cittadinanza, come il rinnovo del passaporto o l’esercizio del diritto di voto.
Tali percorsi offrirebbero una via di continuità per le famiglie italiane all’estero realmente interessate a preservare il legame con le proprie radici. “Il patrimonio rappresentato dalle comunità italiane nel mondo – si legge nella mozione – è di valore storico, culturale ed economico. Spezzare quel legame significherebbe danneggiare anche l’immagine dell’Italia all’estero”.
Il decreto ha già avuto un impatto immediato, racconta Di Martino: “Conosco diverse persone che stavano preparando i documenti per fare richiesta di cittadinanza e ora si ritrovano spiazzate. In molti casi si tratta di giovani australiani che non hanno bisogno del passaporto italiano per viaggiare, ma volevano riscoprire le proprie radici, magari trascorrere un periodo in Italia. Ora, per loro, questa possibilità rischia di svanire”.
La mozione sarà formalmente presentata al Ministero e ai rappresentanti parlamentari italiani nelle prossime settimane, con l’obiettivo di aprire un confronto prima della conversione in legge del decreto.
Anche se quest’ultimo ha effetto immediato dalla data della sua pubblicazione, non acquisisce carattere definitivo finché non viene convertito in legge dal Parlamento entro 60 giorni. Questo significa che il testo può ancora essere modificato attraverso emendamenti proposti durante l’iter parlamentare oppure, in casi rari, può decadere del tutto se la conversione non avviene nei tempi previsti.
Proprio in questa finestra temporale si concentra l’azione dell’InterComites d’Australia, che attraverso questa mozione mira a influenzare il dibattito in aula, sollecitare modifiche al testo e portare all’attenzione delle istituzioni italiane l’impatto concreto del decreto sulle comunità italiane all’estero.
Le mozioni, pur non essendo vincolanti, rappresentano una forma importante di pressione politica e istituzionale, in grado di orientare l’opinione pubblica, i media e i parlamentari.
Intanto, la comunità si mobilita: “Abbiamo discusso molto anche dell’importanza di intercettare i nuovi arrivati dall’Italia e integrarli nella vita della comunità. Soprattutto a Sydney, dove i flussi sono continui e spesso temporanei, è essenziale creare reti che permettano di costruire un senso di appartenenza”, sottolinea il presidente Di Martino.
In gioco non c’è solo un passaporto, ma l’identità stessa degli italiani nel mondo: “Uno dei legami fondamentali con l’Italia è proprio la cittadinanza – conclude Di Martino –: toglierla senza offrire percorsi alternativi significa spezzare quel filo sottile ma resistente che tiene unite generazioni lontane geograficamente, ma vicine nel cuore”.