TEL AVIV - Di là dall’arrivare a conclusione, il caso Shin Bet (l’agenzia di intelligence per gli affari interni) si riaccende in Israele. La scintilla è stato l’arresto di un funzionario dell’intelligence interna accusato di avere passato informazioni alla stampa su un’inchiesta riguardante le infiltrazioni dell’estrema destra nelle forze di polizia.
Secondo le ricostruzioni dei media israeliani, all’indomani della strage del 7 ottobre, lo Shin Bet iniziò a indagare sull’influenza crescente negli apparti di sicurezza degli ultra-sionisti “kahanisti”, convinti che non vi siano possibilità di convivenza con i palestinesi e che pace e sicurezza passino dalla cacciata di tutti gli arabi, con le buone ma soprattutto con le cattive.
Amichai Chikli, esponente di spicco dell’ala dura, ministro per gli Affari della diaspora e la lotta all’antisemitismo, è stato eletto in Parlamento nel 2022 con il Likud. Proprio su Chikli si sarebbero concentrate le indagini, non da tutti condivise nello Shin Bet che, già allora, era guidato da quel Ronan Bar di cui il premier Bejamin Netanyahu sta cercando da mesi di liberarsi.
L’agente, ora in stato di fermo, avrebbe passato a un giornalista Canale 12, Amit Segal, una ventina di documenti teoricamente classificati, fino a quando non è stato scoperto. Da qui l’arresto: “Alpha” ha fatto trapelare informazioni che “hanno messo a rischio la sicurezza” nazionale, ha spiegato lo Shin Bet nel primo commento ufficiale alla vicenda. “Avrebbe rimosso dall’archivio informatico documenti classificati, in violazione della legge e delle regole cui sono vincolati i dipendenti dell’organizzazione”, si legge nella nota.
Stessa linea dal dipartimento investigativo della polizia: “Dettagli dell’indagine in corso sono stati pubblicati illegalmente”, ha spiegato il dipartimento, e l’agente avrebbe sfruttato il suo ruolo e l’accesso ai sistemi interni del servizio di sicurezza per condividere dati classificati in più occasioni.
Ma in difesa dell’agente sono scesi in campo i pezzi da novanta dell’ultradestra del governo. A cominciare dallo stesso Chikli. L’agente “Alpha” è “un eroe di Israele”, ha dichiarato, “un leale servitore del popolo israeliano e della democrazia”. Il capo dello Shin Bet “stava spiando ossessivamente un ministro in carica” e intanto cercava di dare “un’immagine falsa e distorta” sul rafforzamento di Hamas, addossando la colpa al governo, ma nascondendo le proprie responsabilità, ha aggiunto.
Durissimo anche il ministro della Sicurezza nazionale, Itamar Ben Gvir, che ha puntato il dito contro il direttore dello Shin Bet, Ronen Bar, la procuratrice generale Gali Baharav-Miara - che ha messo i bastoni tra le ruote a Netanyahu sul licenziamento di Bar - e al capo del dipartimento delle indagini interne della polizia, Keren Ben Menachem. Si tratta di “tre esponenti dello ‘Stato profondo’ che stanno oltrepassando ogni limite”, ha dichiarato Ben Gvir.
Il caso è “un terremoto” che spiega le ragioni del siluramento di Bar, ha aggiunto in un post prontamente rilanciato da Netanyahu. La tensione è così alta che il ministro Bezalel Smotrich si è rifiutato oggi di partecipare a una riunione del gabinetto di sicurezza con Bar, poi annullata dal premier.
In tutto questo, domenica scade l’ultimatum che la Corte suprema aveva dato la settimana scorsa al governo e alla procura generale per trovare un’intesa sulla sorte di Bar e sulla nomina del suo successore. Netanyahu ha cacciato Bar il 21 marzo, mentre era nel pieno un’indagine dello Shin Bet sullo scandalo “Qatargate” e i presunti pagamenti fatti da Doha a due collaboratori del primo ministro.
La vicenda ha anche scatenato proteste di piazza: per l’opposizione, Netanyahu vuole ostacolare l’inchiesta e ha licenziato Bar per motivi politici, in pieno conflitto di interessi. Dal canto suo, l’esecutivo rivendica la “piena autorità” di scegliere il capo dello Shin Bet.