WASHINGTON – La debolezza del mercato del lavoro preoccupa la Federal Reserve (Fed) più di un’inflazione sopra il 2% e la spinge verso un taglio dei tassi di interesse ai minimi degli ultimi tre anni. Una riduzione del costo del denaro di un quarto di punto mercoledì è data per scontata e l’attenzione sarà sulle parole che verranno usate per descrivere il “taglio da falchi”, come molti lo hanno già definito.
La sforbiciata infatti potrebbe essere spiegata con parole che alzano l’asticella per futuri nuovi tagli alla luce di un’inflazione ben oltre il target e di incognite, quali la decisione della Corte Suprema sui dazi, che rischiano di spingere ulteriormente al rialzo i prezzi.
Le spiegazioni getteranno le basi per il successore di Jerome Powell alla guida della Fed, la cui nomina è attesa all’inizio del prossimo anno. Il probabile taglio sarà infatti accompagnato dalle previsioni economiche e dalle dot‑plot (le previsioni trimestrali dei membri della Fed sui livelli dei tassi, ndr) che indicano le attese sull’andamento del costo del denaro, mostrando così al successore di Powell la Fed che erediterà, ovvero se sarà un’istituzione contraria a ulteriori riduzioni dei tassi o aperta a un allentamento della politica monetaria.
Di sicuro chi prenderà il posto di Powell si troverà davanti a una Fed divisa. Finora il presidente è riuscito con difficoltà a mantenere un consenso, ma la spaccatura sta diventando così profonda che mantenere un fronte unito di fronte ai mercati appare una sfida sempre più difficile.
Le due anime della banca centrale si scontrano sulla visione dell’economia: una teme l’inflazione e quindi non vuole riduzioni del costo del denaro, l’altra ritiene invece che la Fed debba tagliare per aiutare e stimolare l’economia, sposando la tesi di Donald Trump.
Per il successore di Powell la strada quindi non sarà in discesa: dovrà ricompattare la banca centrale e, prima di tutto, guadagnarsi la fiducia dei mercati mostrandosi indipendente dal presidente che lo ha nominato.
Un compito questo non facile vista la lealtà che Trump esige dai suoi: nominato dal tycoon, Powell da mesi è duramente criticato dal presidente, che lo ha bollato come la sua “peggiore decisione”.
Il tycoon ha già deciso chi prenderà il posto di Powell ma non ha svelato le sue carte. Un annuncio è atteso nella prima parte del 2026. Per la Casa Bianca una Fed in grado di aiutare l’economia è essenziale in vista delle elezioni di metà mandato e delle preoccupazioni degli americani sul carovita, che rischiano di costare ai repubblicani il controllo del Congresso rendendo di fatto Trump una possibile “anatra zoppa” negli ultimi due anni di mandato.
Uno scenario che il presidente sembra intenzionato a evitare a tutti i costi, e proprio per questo intende nominare alla guida della banca centrale un presidente che condivida la sua stessa visione e proceda con tagli dei tassi, anche aggressivi. Gli analisti sono alla finestra e guardano agli sviluppi, temendo una Fed troppo politica che basi la sua azione su dati non affidabili (Trump ha nominato un suo fedelissimo all’ufficio di statistica).
“A prescindere da chi guiderà la Fed, la politica monetaria è dettata dai dati e al momento non indicano la necessità di tagli aggressivi”, hanno spiegato alcuni osservatori, ricordando come la possibile nomina alla guida della Fed di Kevin Hassett - fedelissimo di Trump - ha già innervosito il mercato dei bond. Hassett è considerato il favorito e il presidente americano lo ha indicato più volte scherzando come il possibile erede di Powell.