È stata una giornata che rimarrà nella storia della comunità italiana del Queensland quella dell’inaugurazione ufficiale della nuova sede dell’ANFE Italian Club di Brisbane, al 429 di Stafford Road. Non un semplice edificio, ma un simbolo concreto del radicamento italiano in Australia, costruito con visione, sacrificio e un profondo senso d’appartenenza collettiva. In un Paese dove molte istituzioni storiche chiudono, l’ANFE compie la scelta opposta: investe, costruisce, lascia un’eredità materiale e morale alle prossime generazioni.

Il momento inaugurale si è aperto con la solenne benedizione di padre Leonir Chiarello, Superiore Generale dei Missionari Scalabriniani, giunto appositamente da Roma ed erede di una tradizione pastorale che accompagna l’emigrazione italiana sin dalla fine dell’800. Accanto a lui padre Syrilus Madin e padre Lukas Simau Elu, testimoni di continuità spirituale e umana. È stata una scelta significativa: prima ancora di tagliare il nastro, si è scelto di affidare il nuovo club a una protezione morale e simbolica che richiama il cammino dei primi emigranti, ospitati nelle missioni scalabriniane quando ancora non esistevano associazioni, sale comunitarie, club sociali.

Successivamente si è svolta la cerimonia ufficiale del taglio del nastro e della scopertura della targa commemorativa, alla presenza del premier del Queensland, David Crisafulli, con la moglie Tegan, del sindaco di Brisbane, Adrian Schrinner con la moglie Nina, dell’on. Nicola Carè, deputato eletto all’estero, della console d’Italia, Luna Angelini Marinucci, e della presidente dell’ANFE, Maria Maruca. 
Nel suo intervento, il premier Crisafulli ha ricordato la propria storia familiare: “Più di sessant’anni fa mio nonno arrivò dall’Italia con pochissimo. Come tanti trovò sostegno nella comunità italiana, che lo aiutò a costruire una nuova vita. Ora è un onore inaugurare una sede che continuerà quella tradizione d’accoglienza. È un angolo d’Italia nel cuore del Queensland, aperto a tutti”. Il premier ha ringraziato l’associazione per il ruolo svolto nel custodire memoria, identità e tradizioni, ribadendo che il multiculturalismo è una ricchezza quando riesce a trasformarsi in partecipazione civica.

Molto apprezzato anche il discorso del sindaco Schrinner, anch’egli nato da famiglia migrante, che ha sottolineato come “il valore di luoghi come l’ANFE non appartenga soltanto agli italiani, ma alla città intera. Il multiculturalismo non è un concetto astratto, è fatto di sale, cucine, feste, libri e persone che continuano a incontrarsi, come i miei genitori al club tedesco! Brisbane è più grande, più ricca e più umana grazie a storie come questa”.

Profondo e sentito l’intervento di Carè, che ha ricordato come ANFE non sia solo un’associazione storica, ma un laboratorio vivente di identità: “Lo spirito italiano e quello australiano si sono incontrati e influenzati reciprocamente. L’integrazione non è mai stata un gesto a senso unico: gli italiani hanno portato lavoro, valori familiari, solidarietà; l’Australia ha restituito opportunità, diritti e un nuovo modo di essere comunità”. Carè ha poi precisato che realtà come l’ANFE, nel mondo globalizzato, continuano a essere fondamentali non perché custodiscono il passato, ma perché danno forma a un futuro condiviso.

Particolarmente applaudita la console Angelini Marinucci, che ha ringraziato pubblicamente la presidente Maruca e tutto il comitato per aver dato alla comunità italiana “una casa nuova, moderna, funzionale e bellissima”. La console, rivolgendosi poi al premier attraverso i canali istituzionali, ha scritto: “Premier Crisafulli, siamo orgogliosi e felici per ciò che è avvenuto oggi. L’intera comunità italiana del Queensland è fiera di avere un figlio di migranti italiani alla guida dello Stato”.

Il momento più emozionante è stato però senza dubbio il discorso della presidente Maruca, figlia del fondatore dell’ANFE di Brisbane, il compianto Carmelo Caruso, scomparso pochi giorni prima della cerimonia. “Questa nuova sede non è soltanto un edificio - ha dichiarato - ma il futuro della nostra comunità. Mio padre, che oggi non è qui fisicamente, è in ogni pietra e in ogni sorriso. L’ANFE è nata nel 1962 per accogliere chi arrivava senza nulla, senza lingua, senza riferimenti. Sessant’anni dopo siamo ancora qui, e questa casa è il nostro regalo alle generazioni che verranno”.

Maruca ha voluto riconoscere una serie di storici protagonisti della vita dell’ANFE, presenti alla cerimonia: Paola Greco, già membro del comitato nel 1966; Concezio Ottobrandi, per oltre 50 anni segretario infaticabile; Giannina Ridolfi, con più di 30 anni di servizio e ancor’oggi volontaria attiva; Giuseppe Colagrande, vicino all’associazione fin dagli anni ‘70. “Il successo dell’ANFE - ha ricordato - non è nei documenti, ma nelle persone. Se siamo arrivati qui è perché qualcuno prima di noi non si è mai stancato”.

La presidente ha poi espresso pubblicamente la riconoscenza dell’associazione ai principali sostenitori del nuovo progetto: Damien Cavallucci, il cui contributo economico è stato determinante per avviare i lavori; Antony Maruca, suo marito, e Chris Kallis, che per mesi hanno lavorato gratuitamente sul cantiere, rendendo possibile l’apertura della sede in appena sei mesi. “Signori - ha detto con emozione - vi saremo grati per sempre”. 

Un ringraziamento esteso è stato rivolto anche ai Foundation Donors, i cui nomi sono scolpiti sulla parete d’ingresso, e ai volontari e membri del comitato che hanno seguito ogni fase dei lavori con la cura di chi costruisce non una struttura, ma una casa. L’ANFE di Brisbane conta oggi oltre 1.200 soci, cifra raggiunta in pochi mesi e destinata a crescere.

Questo edificio, luminoso, funzionale, progettato per ospitare eventi, pranzi comunitari, incontri culturali, corsi, celebrazioni, non è solo il coronamento di un percorso, ma l’inizio di una nuova fase. È la prova che l’eredità dei pionieri può trasformarsi in progetto per il domani.

A fine cerimonia, molti hanno rivolto un pensiero commosso al fondatore, Carmelo Caruso: “Lo abbiamo sentito in mezzo a noi. Avrebbe sorriso come faceva sempre, con quel suo modo di dire ‘l’ANFE non è un club: è una famiglia che non lascia indietro nessuno’” ha detto una socia storica. E ora, da qualche parte, può guardare questa nuova casa e dire: “Ce l’abbiamo fatta”.