Come dimenticare poi i successi del Camerun sull’Argentina nel 1990, della Nigeria sulla Spagna nel 1988 e del Senegal sulla Francia nel 2022? Tutti e tre di forte impronta africana. Senza dimenticare il ko del Brasile per mano della Norvegia nel 1998. In questa edizione qatariana, dove i riflessi sportivi rimpiccioliscono di fronte alle rivendicazioni sui diritti umani, specie delle donne, i risultati imprevisti sono all’ordine del giorno. Ieri il Marocco ha dominato il Belgio. E il Costa Rica, dopo aver preso 7 gol dalla Spagna, ha steso il Giappone che aveva superato la Germania. In precedenza l’Arabia Saudita aveva fatto fuori l’Argentina. Intrecci clamorosi.
Ma si tratta davvero di sorprese o di verdetti plausibili in relazione all’evoluzione del calcio che non è più quello di prima, limitato a Europa e Sud America, ma che cresce in misura costante negli altri continenti. In Australia il soccer sta rodendo terreno a rugby, a footy, ippica e tennis. In Asia è in ascesa costante. E l’Africa, da tempo attesa a imprese non occasionali, sta recuperando il ritardo accumulato nel ventennio precedente grazie all’affermazione dei suoi figli e nipoti in Europa. La Francia, va ricordato, è diventata campione del mondo con 14 calciatori, nati e cresciuti oltralpe, ma di origini africane. Ancora qualche anno e alcuni campioni preferiranno giocare nelle nazionali dei loro genitori e nonni piuttosto che difendere i colori dei paesi d’emigrazione.
Dal Qatar arriva pertanto un messaggio chiaro e netto. E cioè che, al di là della gerarchia finale, il calcio è sempre più sport universale, a ogni livello. Si gioca sui campi perfetti di impianti avveniristici come in mezzo alle rovine di paesi in guerra. Si gioca nelle università americane, fino a poco tempo fa teatro esclusivo di football, basket, hockey o baseball. Si gioca nei terreni aridi e nei cortili di cemento. Dovunque. Logico che il livello stia aumentando e che, di questo movimento in ascesa, godano le nazionali. Il gap storico è ancora importante, ma sta riducendosi di brutto. E i giocatori di dna africano, dai e dai, hanno poco da invidiare a quelli brasiliani.
Di questa realtà, per niente aumentata dai trucchi digitali, l’emblema è Kylian Mpabbè, 24 anni da compiere il prossimo 20 dicembre. In questa prima fase del Mondiale è stato il migliore, un miglio davanti a Messi e Ronaldo, per i gol segnati e le giocate sopraffine. Kylian è nato a Parigi, gioca nel PS Germain (131 reti in 156 partite) e con la Francia ha realizzato 31 gol in 61 partite, ma i suoi cromosomi arrivano da Algeria e Camerun. In questa brevissima biografia c’è tutta la dinamica di uno sport in profonda evoluzione e mutazione.
Quanto alle novità, i recuperi monstre fanno discutere, Clamoroso quello di 27’ concesso in Inghilterra-Iran al netto di un grave infortunio. Collina, il capo degli arbitri della Fifa, ha detto che gli arbitri debbono conteggiare tutte le pause di qualsivoglia motivo per evitare che le partite abbiano durata estremamente differente fra i 45 e i 58 minuti. Giusto. Ma allora arriviamo al tempo effettivo senza affidare compiti da cronometrista all’arbitro in campo. Al solito la Fifa resta a bagnomaria, incapace di adottare l’unica misura possibile in tempo di Var.
Ma vediamo cosa hanno detto i verdetti di questa prima settimana. Intanto che la Germania, pareggiando con Fullkrug il gol di Morata, è rimasta in corsa per superare il turno. Ai tedeschi basterà battere la Costa Rica e appellarsi alla differenza reti largamente favorevole. Partita bellissima, risolta dai due centravanti dopo che entrambi gli allenatori hanno predicato nel deserto pensando di fare risultato senza punta centrale. Per il resto. Olanda, Inghilterra e Portogallo possono solo suicidarsi nei rispettivi gruppi. Nel girone C Argentina e Polonia disputeranno una specie di spareggio qualora l’Arabia Saudita batta l’Ecuador. Il Belgio rischia di essere il vaso di coccio fra Croazia e Marocco. La Serbia non può sbagliare più nulla nel gruppo del Brasile. E proprio la Seleçao, nonostante il serio infortunio alla caviglia di Neymar, ha destato l’impressione migliore insieme alla Francia che è già qualificata agli ottavi e non sembra risentire del forfait di Benzema.