BIARRITZ (Francia) - Se il summit del G7 del prossimo anno si rivelerà un evento di branding in un golf resort di Donald Trump in Florida, con Vladimir Putin come copresidente di fatto, la vecchia guardia tra gli alleati d’America ripenserà all’incontro di quest’anno a Biarritz con un po’ di nostalgia. Non è stato realizzato molto, a dire il vero, ma non è una novità. Per evitare l’imbarazzo dell’anno scorso a Quebec  - quando Trump rifiutò di apporre la firma degli Stati Uniti dal comunicato congiunto - Emmanuel Macron, l’host di quest’anno a Biarritz, ha avuto la sagacia di eliminare la tradizionale dichiarazione finale. Se non ci sono documenti, non c’è nulla da poter rifiutare. Ma almeno i leader delle più grandi democrazie industrializzate del mondo  hanno mostrato uno sforzo comune. Hanno pubblicato una “dichiarazione” con una manciata di pensieri sul commercio, Iran, Amazzonia, Cina, più “sottili” della singola pagina su cui sono stati stampati. Dichiarazioni ben precise, invece, sulla necessità di impedire all’Iran di acquisire armi nucleari. Alla conferenza finale di chiusura con Trump, Macron si è difatti dichiarato fiducioso su un possibile incontro nelle prossime settimane tra il presidente statunitense e Hassan Rouhani, solo e soltanto se vi fossero le “giuste condizioni”, come ha tenuto a sottolineare Trump. Alcune tensioni commerciali sono state invece allentate: “Penso che la Cina voglia disperatamente trovare un accordo – si è espresso il presidente americano –; ha perso tre milioni di posti di lavoro e oltre cento miliardi di dollari in dazi”.
È stato anche promesso di intervenire in Amazzonia con un acconto combinato di 20 milioni di euro, somma particolarmente irrisoria in vista di quella che era stata considerata come una minaccia ambientale per il pianeta. “Il mio Paese non può accettare che si lancino attacchi gratuiti e fuori luogo contro il modo in cui gestisce l’Amazzonia, né che travesta le sue intenzioni dietro l’idea di una ‘allenza’ dei Paesi del G7 per salvarla dalla combustione, quasi come fossimo una colonia o una terra di nessuno”, ha dichiarato il presidente Bolsonaro, rifiutando rabbiosamente la proposta.
Incombeva sull’intero incontro, tuttavia, la consapevolezza che tutto potrebbe peggiorare l’anno prossimo, quando Trump diventerà il maestro del “circo”. Sarà poi impegnato anche nella sua campagna per la rielezione – quindi anche meno disposto a scendere a compromessi.
Si è discusso anche di  uguaglianza di genere quest’anno al G7, ma quando è giunto il momento della foto finale di gruppo, mentre il sole tramontava fuori dall’Hotel du Palais, c’erano ventiquattro uomini sul palco e soltanto una donna, Angela Merkel, nel crepuscolo della sua carriera politica.
Durante la cena finale l’umore si è inasprito quando Trump ha interrotto la conversazione per sollecitare l’ammissione di Putin al ‘club’ per farne di nuovo il G8. Gli europei, a eccezione degli italiani, erano indignati: Putin fu infatti espulso nel 2014 per aver infranto tutte le regole del mondo postbellico, annettendo la Crimea. All’idea di “democrazie liberali”, di una famiglia di nazioni affini, il presidente statunitense mostra indifferenza: il prossimo anno le potenze potrebbero ritrovarsi poco più che clienti paganti di Trump.
Biarritz, quest’anno, ha invece ammantato i suoi ospiti in un’atmosfera di glamour, evocando una grandiosità di altra epoca, quando l’Europa era il centro del mondo e poteva supporre che i suoi valori sarebbero stati almeno ammirati, se non emulati. Nel nuovo ordine, i discorsi aspirazionali di un futuro più giusto e più verde saranno presto eliminati per essere sostituiti dalla ricerca del profitto e dalla divisione del mondo da una manciata di uomini potenti.
BENEDETTA FERRARA