In un clima segnato ancora da forti pressioni sul lato del costo della vita, con un’inflazione che resta al centro del dibattito pubblico e, di conseguenza, i tanti interrogativi sulle prossime scelte della Reserve Bank sui tassi d’interesse, le elezioni federali si stanno giocando sul terreno dell’economia interna.
E infatti, in occasione del lancio ufficiale delle rispettive campagne, Anthony Albanese e Peter Dutton hanno sfoderato le armi più forti del loro arsenale politico, o perlomeno quelle che credono possano esserlo: interventi sulla casa e sul reddito.
Sul tavolo un totale di 20 miliardi di dollari in promesse elettorali, tra l’una e l’altra parte, con l’obiettivo di conquistare la fascia più vulnerabile dell’elettorato: quella dei giovani e delle famiglie alle prese con la difficoltà di accedere all’acquisto di una casa a causa di un costo della vita insostenibile.
Ma se entrambi parlano alla stessa potenziale platea di elettori, lo fanno da angolature molto diverse.
Anthony Albanese, da Perth, ha rilanciato un piano strutturato e di lungo respiro che, nella visione laburista, ambisce a rappresentare un cambio di paradigma generazionale. L’intervento chiave è l’espansione del First Home Guarantee Scheme, che consente agli acquirenti di prima casa di entrare nel mercato con un deposito del 5%, garantito per il restante 15% direttamente dal governo federale.
Il meccanismo ha lo scopo di eliminare la necessità di stipulare l’assicurazione sul mutuo, alleggerendo il costo complessivo per i nuovi potenziali proprietari. A questo si aggiunge una seconda componente, ancora più ambiziosa: la costruzione di 100.000 abitazioni riservate sempre a chi vuole entrare nel mercato acquistando la propria prima casa, finanziate con un fondo dedicato da 10 miliardi di dollari. L’operazione si inserisce nel più ampio obiettivo del governo di raggiungere la soglia di 1,2 milioni di nuove abitazioni entro il 2029, un obiettivo che però già oggi si confronta con ritardi significativi nella messa a terra degli interventi.
Le nuove abitazioni verrebbero realizzate in collaborazione con Stati e Territori, e la costruzione dovrebbe iniziare nel 2026-27, con le prime casa abitate nel 2027-28. I criteri di accesso sono stati drasticamente semplificati: nessun limite di reddito, nessun tetto sul numero di beneficiari, e limiti di prezzo rialzati per adeguarsi all’andamento del mercato nelle principali città. L’idea di fondo, la base ‘politica’ di provvedimenti di tal genere, è che l’accesso alla casa, un tempo visto come traguardo spontaneo di maturità sociale, professionale, aspirazionale, oggi evidentemente richieda un sostegno pubblico massiccio per evitare che un’intera generazione venga esclusa da ciò che per decenni è stato considerato un diritto acquisito.
Albanese ieri, dalla capitale del Western Australia ha annunciato un’altra misura dal forte impatto simbolico e pratico: una nuova detrazione automatica da 1.000 dollari per spese legate al lavoro, destinata a milioni di contribuenti, in particolare a chi lavora part-time o da casa. Il meccanismo – volontario e opzionale – elimina la necessità di documentazione o ricevute cartacee, semplificando radicalmente il processo. Chi preferisce dedurre importi superiori potrà continuare a utilizzare il sistema tradizionale. La proposta si inserisce nell’idea dei laburisti di semplificazione e inclusione fiscale, con l’obiettivo di ridurre la distanza tra chi conosce i meccanismi delle deduzioni e chi finora vi ha rinunciato per complessità o sfiducia.
La proposta della Coalizione risponde invece con un registro completamente diverso. Più che intervenire sull’offerta, il piano di Dutton punta a incentivare la domanda attraverso misure fiscali mirate e immediate. Il fulcro della proposta è una detrazione sugli interessi pagati per i primi 650.000 dollari di mutuo, valida per cinque anni, riservata ai primi acquirenti di abitazioni nuove. Il beneficio fiscale stimato arriva a circa 12.000 dollari l’anno, ovvero 60.000 su base quinquennale. A questo annuncio ieri Dutton ha aggiunto la promessa di uno sgravio fiscale una tantum fino a 1.200 dollari per i redditi inferiori a 144.000 dollari, oltre a un abbattimento temporaneo dell’accisa sulla benzina, nella convinzione che il carico del costo della vita sia la vera emergenza economica del momento.
La Coalizione giustifica la scelta di concentrare il beneficio solo sulle nuove abitazioni con un’argomentazione di tipo sistemico: stimolare la domanda può diventare, nella valutazione di Dutton e della sua squadra un volano per la costruzione e, quindi, per l’aumento dell’offerta. Ma il meccanismo appare rischioso. Laddove l’offerta non sia in grado di rispondere rapidamente, il risultato potrebbe essere un ulteriore aumento dei prezzi, con effetti regressivi sul mercato. Il piano della Coalizione prevede inoltre di intervenire anche sulla domanda aggregata con strumenti non fiscali, come la limitazione degli acquisti immobiliari da parte di stranieri per due anni e una riduzione dei flussi migratori, indicati come fattori di pressione sul mercato abitativo.
Le due proposte, quindi, vanno lette non solo come meri interventi di politica abitativa, ma come vere e proprie dichiarazioni di identità politica ed economica. I laburisti scommettono sull’intervento del governo come garante, costruttore e facilitatore, in una logica di intervento pubblico per riequilibrare un mercato ritenuto distorto.
La Coalizione propone invece un approccio liberista moderato, che punta sulla leva fiscale e sulla libertà di scelta individuale, nella convinzione che alleggerire il carico fiscale equivalga ad ampliare le opportunità.
Ciò che accomuna entrambe le visioni è la consapevolezza che la crisi dell’accessibilità alla casa non è più un problema marginale. È diventata una questione centrale dell’agenda economica, sociale e generazionale del Paese. Ma se questa consapevolezza è condivisa, divergono radicalmente le risposte. Albanese vede nella costruzione e nella garanzia pubblica la leva per trasformare la proprietà in un bene collettivamente accessibile. Dutton punta invece a rimuovere gli ostacoli fiscali, nella convinzione che la proprietà sia un obiettivo individuale da sostenere ma non da guidare.
L’elemento forse più interessante, sotto il profilo politico, è che entrambe le strategie si rivolgono allo stesso segmento elettorale, una fascia di elettori disillusi, non interessati, distanti, con la ‘testa piegata’ sugli smartphone, convinti magari di trovare fonti di informazioni valide e attendibili in tre righe di testo di uno qualsiasi dei social media o in quindici secondi di video di un ‘influencer’ pagato per supportare l’una o l’altra parte.
Sono giovani, famiglie, classe media urbana e suburbana, tutti frustrati dall’erosione del potere d’acquisto e dalla crescente distanza tra reddito e prezzo medio delle abitazioni.
Ma le strategie utilizzate dalle due parti utilizzano mezzi che sembrano incompatibili tra loro. Per i laburisti, l’intervento pubblico è la condizione per riparare un mercato che non funziona più. Per la Coalizione, l’eccesso di intervento pubblico è parte del problema, non della soluzione.
Il rischio, per entrambi, è che la realtà superi le promesse. I ritardi accumulati nei progetti edilizi già avviati dal governo mettono in dubbio la realizzabilità del target di 1,2 milioni di case entro il 2029. D’altro canto, la misura fiscale della Coalizione potrebbe rivelarsi inflazionistica in un mercato già in tensione, contribuendo a far salire ulteriormente i prezzi per chi non può comunque permettersi di entrare nel mercato.
Un ulteriore elemento da considerare è la natura temporanea degli incentivi proposti dalla Coalizione, che appaiono efficaci nel breve termine ma difficilmente sostenibili o strutturali. Al contrario, la lentezza di attuazione del piano laburista potrebbe rivelarsi politicamente rischiosa, se non accompagnata da risultati tangibili prima della fine della prossima legislatura.
Il voto del 3 maggio, dunque, non sarà solo un giudizio sul governo uscente, ma, dopo le promesse di ieri, potrebbe suonare come una sorta di referendum su come intendiamo ‘abitare’, letteralmente e metaforicamente, il nostro futuro. Le urne misureranno non solo il consenso per due leader, ma la fiducia verso due modi di concepire la funzione dello Stato, il ruolo del mercato, la natura di uno degli elementi che afferiscono al benessere personale e collettivo.
Perché in un’economia dove la casa sembra essere diventata un privilegio e non una possibilità, le scelte politiche contano più che mai. E questa campagna elettorale ci ricorda che, in Australia, la differenza tra vivere in affitto per sempre o diventare proprietari non dipende solo dalle scelte individuali. Dipende, sempre più, anche dalla politica.