MILANO - Sconfitta indolore o dannosa per il morale? Per capire se il bicchiere azzurro sarà mezzo pieno o mezzo vuoto bisognerà aspettare quantomeno i quarti di finale di Uefa Nations League: il secondo posto impone un avversario scomodo, gli azzurri di Luciano Spalletti a marzo pescheranno una tra Germania, Spagna o Portogallo, nazioni complicate da affrontare ma che potrebbero dare una motivazione ulteriore per strappare le semifinali e un girone a quattro utile per le qualificazioni al Mondiale 2026.
L’Italia, già testa di serie, in caso di vittoria nel prossimo turno potrà avere due partite in meno (le quattro semifinaliste verranno inserite nei gironi da 4, insieme a due squadre dei quarti, le altre affronteranno un gruppo da 5): una spinta ulteriore per cancellare definitivamente i due fallimenti consecutivi contro Svezia e Macedonia del Nord.
Prima però sarà necessario limare tutti quegli aspetti negativi messi in risalto dal 3-1 incassato l’altra sera a San Siro. La lezione di francese impone diverse riflessioni, prima su tutte la questione relativa alle palle inattive, considerati i 7 degli ultimi 8 gol incassati dagli azzurri.
La Francia ha sfruttato uno degli elementi di maggiore difficoltà dell’Italia post Europeo andando a sorprendere una marcatura a zona che spesso paga i centimetri in meno e la fisicità avversaria: un aspetto su cui intervenire in maniera abbastanza rapida in vista degli impegni di marzo, magari aumentando focus e concentrazione.
La morsa Saliba-Konaté ha messo in evidenza l’altro problema di fondo di una nazionale a cui manca un centravanti di peso: Retegui, servito col contagocce da un centrocampo asfissiato dal lavoro di Manu Koné, ha pagato le fatiche atalantine con una prestazione meno brillante, Barella spesso è rimasto solo tra i reparti senza riuscire a legare il gioco.
Il ritorno di Scamacca (da valutare i tempi di effettivo recupero, ma in Nazionale potrebbe tornare solo a giugno), potrebbe dare a Luciano Spalletti un’alternativa differente contro nazionali strutturate come quella transalpina.
Si chiude comunque una fase a gironi della Nations League in cui l’Italia ha parzialmente voltato pagina dopo la debacle europea: 13 punti totali in 6 gare, 4 vittorie, un pareggio e una sola sconfitta, con 13 gol messi a segno.
A sorprendere è stato anche l’atteggiamento di un gruppo che sembra aver ritrovato la serenità dei giorni migliori, concetto per nulla secondario quando si deve affrontare una competizione internazionale: niente musi lunghi e qualche sorriso in più rispetto al ritiro di Iserlohn, fattore non di poco conto dopo un Europeo in cui l’essenza spallettiana si è percepita poco. O
nulla.
La Svizzera resta come monito (tanto per parafrasare il ct) in modo tale da evitare ulteriori cadute.
Nota a margine, l’abbraccio collettivo di San Siro (68mila i paganti) è stato messo in un angolo dai fischi all’inno francese che molti hanno etichettato come goliardia.
A cercare di correre ai ripari, seppur in maniera imbarazzata, ci hanno pensato gli azzurri, tutti ad applaudire “La Marsigliese”.
Il ct francese Didier Deschamps in conferenza stampa ha voluto sottolineare il gesto: “Peccato che sia diventata una moda i fischi all’inno nazionale francese, meno male che i giocatori e gli sportivi hanno applaudito. Purtroppo il mondo va male, ma non so perché, c’è grande rispetto tra italiani e francesi”.
Meglio sorvolare, gesti simili hanno poco a che fare con lo sport. E con la sportività.