FRANCOFORTE - In pochi vogliono ammetterlo, ma il nuovo intervento di stimolo varato giovedì scorso dalla Banca centrale europea e sostenuto con determinazione dal presidente Mario Draghi, è un tentativo che, come i precedenti, potrebbe avere ben poca efficacia.
L’ennesimo sforzo di politica monetaria espansiva ripercorre infatti quelli già varati in precedenza e consiste in un nuovo taglio dei tassi sui depositi che le banche hanno presso la Bce, passato dal -0,40% al -0,50%, l’allungamento da due a tre anni dei maxi-prestiti agli istituti di credito, il cosiddetto Tltro-3, che ha lo scopo, dice lo stesso Draghi, di “preservare favorevoli condizioni per i prestiti bancari, assicurare una trasmissione senza intoppi della politica monetaria e sostenerne ulteriormente l’orientamento espansivo”. Infine, la riattivazione dell’allentamento quantitativo o quantitative easing, che consiste nell’acquisto da parte della Banca centrale di titoli di Stato e obbligazioni emessi dai governi nazionali. Quest’ultimo strumento, anch’esso già utilizzato in passato e chiuso dalla Bce solo nove mesi fa, è recuperato in forma di 20 miliardi di acquisti mensili.
Ma davanti al rischio di recessione “in aumento” e al tasso di inflazione, che in tutti questi anni e nonostante tutte le misure adottate, non si è riuscito a far attestare attorno all’obiettivo del 2%, ma anzi è rivisto al ribasso, le armi a disposizione della Banca centrale appaiono ormai logore, o almeno non così efficaci. Purtroppo per Draghi però, per come è stata immaginata dagli ideatori dell’architettura europea, la Banca centrale più di questo non può fare. Consapevole di ciò, l’organo direttivo dell’Istituto guidato dal presidente italiano prova comunque ad allargare il suo raggio d’azione e questa è in realtà la vera novità di quanto deciso giovedì scorso.
Lo fa da una parte adottando una modifica della cosiddetta forward guidance, ossia lo strumento con cui la Banca centrale condiziona, attraverso i propri annunci, le aspettative dei mercati sui futuri livelli dei tassi di interesse sul costo del denaro. A tal proposito, a differenza del passato, la Bce non pone confini temporali precisi alla sua azione, limitandosi a dire che si manterrà per “un periodo prolungato”. Un’incertezza che non permetterà agli speculatori di programmare contromosse.
Dall’altra introducendo un sistema definito in gergo di tiering, “strati”, ossia una modulazione dei tassi che esenti una parte dei depositi delle banche da quelli negativi. In questo modo, il costo dei tassi con il meno davanti impatterà in misura limitata sugli istituti di credito, tranquillizzando in parte le rimostranze dei Paesi del nord Europa, che lamentano la perdita di rendimento dei risparmi versati nelle banche.
Infine, e questo è forse il dato politico più importante, scompare dalle indicazioni rivolte ai governi l’invito ad adottare “riforme strutturali”, come era avvenuto fino ad oggi e viene sostituito con un appello, indirizzato soprattutto alla Germania. E’ proprio al Paese più colpito dalla nuova recessione in arrivo, ma anche il più solido economicamente che si chiede un cambio di paradigma nelle politiche fiscali e un’azione seriamente improntata ad arginare la crisi imminente. “In vista dell’indebolimento del quadro economico e della permanenza dei rischi al ribasso, - dice chiaramente Draghi - i governi con spazio fiscale dovrebbero agire in modo rapido ed efficace”.
L’esortazione, a chi ha le risorse per farlo, in primis la Germania, è pertanto quella di spendere e investire nell’economia, sostenendo, a differenza di quanto fatto in passato, l’azione delle politiche espansive della Banca centrale. Altrimenti sarà tutto molto meno efficace di quanto dovrebbe essere. Per le Nazioni invece, dice Draghi, “con alto debito pubblico, i governi devono perseguire politiche prudenti che creino le condizioni per il funzionamento degli stabilizzatori automatici”.
All’Italia e ai Paesi nelle sue condizioni quindi si chiede di agire sulle aliquote fiscali e prevedere maggiori spese per gli ammortizzatori sociali in vista di una crisi che sembra ormai alle porte. Lasciarla fuori appare ormai un’utopia, ma affrontarla traendo insegnamento dal passato, potrebbe almeno ridurne l’impatto.
LME