A volte basta davvero poco per provare certe sensazioni che poi rimarranno impresse dentro di noi per sempre. Basta, per esempio, alzare lo sguardo sopra di noi, distaccarsi dai suoni e dalla frenesia che ci circonda per provare quella sensazione di infinito, di libertà e di continuità che solo il cielo può regalare.

Mariangela Bettoni non ricorda esattamente quando è nata la sua passione per i cieli, per il complesso mondo del sistema solare e quello che comprende, ma non può dimenticare tutte quelle volte che, fin da piccolina, quando le si chiedeva che professione avrebbe voluto fare da adulta, lei rispondeva cone una sola parola: “volare”. 

Nata a Molfetta, in Puglia, ma cresciuta a Bisceglie, Bettoni aveva solo dieci anni quando, nel 1982, emigrò in Australia con la sua famiglia. I nonni paterni provenivano da Bergamo ma, come molti loro connazionali, verso gli anni ‘30 del secolo scorso, emigrarono in Etiopia. Il padre di Mariangela e i suoi fratelli nacquero infatti in Africa per poi ritornare in Italia verso la fine degli anni ’60.

“Fu in questi anni che i miei genitori si conobbero – racconta – e in cui nascemmo io e mia sorella Sabrina. Ricordo che sentivo mio padre lamentarsi della vita in Italia; lui era abituato all’Etiopia, un Paese in via di sviluppo e pieno di opportunità”.  

I genitori decisero così di fare domanda per emigrare in Canada o in Australia per poi venire chiamati dalle autorità di quest’ultimo Paese. Grazie a una vecchia conoscenza del padre che si offrì di sponsorizzarlo, iniziarono la loro vita Down Under, a Bundaberg, in Queensland, nel febbraio del 1982. Mariangela rivive quel primo periodo come un vero e proprio shock culturale, dal cibo alle abitudini quotidiane. Vividi sono i ricordi delle coltivazioni della canna da zucchero e di quel paesaggio così lontano e distante dal proprio Adriatico. La famiglia rimase nel Sunshine State per circa nove mesi, prima di trasferirsi, in via definitiva, a Melbourne. 

Nella capitale del Victoria la vita era un po’ più semplice. Bettoni racconta di aver trovato subito molte persone appartenenti alla comunità italiana, di come era più facile trovare cibo nostrano e di come, in generale, integrarsi sia stato un processo più immediato.
La multiculturalità tipica della città non si fece attendere e Mariangela, fin da bambina, condivise i banchi con coetanei provenienti da ogni angolo del mondo. Come per ogni diversità, anche quegli anni sono stati toccati da un po’ di bullismo e di discriminazione, dei quali però Bettoni, vista la giovane età, non si rese troppo conto. 

Forse è stato il volo che ha cambiato la sua vita e che l’ha portata letteralmente dall’altra parte del mondo, ma Bettoni ha sviluppato fin da subito una forte passione per il cielo, l’astronomia e per l’arte del volare, sognando un giorno di poter diventare un pilota.

“Sfortunatamente, però, una carriera di questo tipo avrebbe richiesto costi esorbitanti che in quel momento non saremmo riusciti a sostenere – spiega –. Ma, nonostante tutte le difficoltà, i miei genitori hanno sempre lavorato molto duramente per permettere a me e alle mie sorelle di frequentare le migliori scuole. Così iniziai a pensare a una valida alternativa per potere, in ogni caso, accedere al mondo dei voli: decisi di studiare ingegneria aerospaziale”. 

Terminati gli studi, divenne una licensed aircraft maintenance engineer. In pochi anni ebbe molte opportunità di carriera: da un impiego per il dipartimento della Difesa australiano per la progettazione degli aerei militari di difesa F18 a un’esperienza per BAE Systems, fino alla compagnia JKN per il programma JSF (Joint Strike Fighter), un progetto congiunto che coinvolgeva undici Paesi per la progettazione di aerei militari. Rimase a lavorare nell’azienda per circa quattro anni e poi, nel 2002, insieme al marito, decise di migrare in Germania.

“Ricordo ancora che l’11 settembre 2001, durante l’attacco alle Torri Gemelle, noi stavamo avendo un colloquio per un lavoro a Monaco”, racconta. 

Lavorò così per BMW e per Opel, prima di tornare in Australia e collaborare con Holden. Dopo un rientro in JKN e qualche mese di lavoro pro bono per una compagnia che produce soluzioni tecnologiche per ospedali e organizzazioni senza scopi di lucro, nel 2015 inizia la sua nuova avventura con Jetstar Airways. Al momento Bettoni è risk and safety manager per programmi ingegneristici: fa parte, infatti, di una squadra che si occupa di tutti gli aspetti di sicurezza del volo e dell’aereo.

“Amo il mio lavoro perché ogni giorno è diverso – racconta –. Prima del Covid, per esempio, giravamo ogni aeroporto domestico in Australia e anche qualcuno internazionale. Ora stiamo riprendendo e solo nell’ultimo mese, infatti, sono stata a Sydney, in Vietnam, a Singapore. C’è sempre molto lavoro e mi piace dover interagire con tante persone di sezioni differenti”.

Riflettendo sulla presenza femminile nel settore STEM, Bettoni ragiona sull’importanza del coinvolgimento delle bambine fin da piccole, anche dalle scuole elementari: “Credo che ci sia una grande responsabilità anche per il corpo insegnanti per cercare di rendere le discipline matematiche più coinvolgenti e divertenti, abbattendo molti preconcetti, perché il loro studio può aprire tante porte”. 

“Nella mia esperienza personale, per fortuna, sono stata abbastanza fortunata da avere intorno delle persone che non mi hanno mai discriminata per il fatto di essere donna, anche se ovviamente non è mancato qualche caso isolato. Se si lavora per un’azienda da diversi anni e si sono dimostrate serietà e professionalità, solitamente si riceve rispetto per il proprio ruolo – conclude –. Anche di fronte ai problemi, se c’è fiducia reciproca, si cerca di trovare delle soluzioni insieme. È molto importante fare domande e rimanere umili, mettersi sempre allo stesso livello degli altri senza mai sentirsi superiori, a prescindere dalla posizione che si ricopre. In futuro mi piacerebbe vedere più donne nel campo ingegneristico. In Jetstar ci sono numeri incoraggianti per quanto riguarda la presenza femminile, sia tra i piloti sia tra gli ingegneri; quindi, sono fiduciosa”.