La maledizione sembrava proseguire anche ieri pomeriggio in Qatar quando l’Albiceleste, in vantaggio di 2 gol con Messi e Di Maria, s’è fatta rimontare dalla doppietta di Mbappé. Il copione s’è ripetuto dopo la seconda rete della Pulce pareggiata nuovamente dal suo compagno di squadra nel Paris Saint Germain. Allo scadere dei tempi supplementari c’è voluta una miracolosa deviazione del portiere Emiliano Martinez con le gambe per evitare il poker dei transalpini. A quel punto s’è capito che l’incantesimo s’era spezzato. Con questo successo l’Argentina ha conquistato la terza Coppa del Mondo in sei finali impedendo a Deschamps di vincerne due consecutive come riuscì solo a Vittorio Pozzo nel 1934 e nel 1938.

Ma il titolo è un altro e appartiene al 35enne Lionel Messi che, probabilmente all’ultima occasione della sua inimitabile carriera, ha raggiunto Diego Maradona, il suo mentore, il suo idolo, il suo mito, ma anche il termine di paragone più scomodo con cui convivere. È come se ieri pomeriggio il ragazzo di Rosario avesse chiuso il cerchio con la storia del calcio e di sé stesso. Lui come Maradona, mamma mia: perfino meglio a mettere in fila i trofei conquistati. Eppure gli inizi della competizione erano stati terribili a causa dell’inaudita sconfitta subita dall’Arabia Saudita nella gara inaugurale. Poi la rinascita. Con la squadra in lenta, ma progressiva e continua crescita. Al punto da offrire la migliore prestazione nei primi 70 minuti della pazzesca finale con la Francia, campione uscente, annichilita in ogni zona del campo.

Ma il calcio non obbedisce a regole certe. Il ct Scaloni, che ha anche il passaporto italiano essendo i suoi nonni di origini ascolane nelle Marche, ci aveva visto giusto a inserire Angel Di Maria nella formazione iniziale. E quest’altro ragazzo di Rosario, ombelico del pallone in Argentina, di un anno più giovane di Messi, ha fatto la differenza per un’ora: prima s’è procurato il rigore realizzato dalla Pulce, poi ha firmato il 2-0. E, in mezzo a questi due episodi, una rincorsa continua agli avversari mista a volate incessanti sulla fascia sinistra. Ma lo juventino, reduce da un infortunio, s’è trovato con il serbatoio vuoto e l’impossibilità di rifornirsi a un benzinaio: di qui la sostituzione con Acuna, un difensore. Sulla carta la scelta corretta per rinforzare la retroguardia, a posteriori una decisione sbagliata perché l’Argentina ha lasciato campo ai francesi che in 96 secondi hanno inferto un poderoso uno-due agli avversari increduli, spaventati, incapaci di capire cosa stesse succedendo. Nei supplementari la botta e risposta fra Messi e Mbappè ha rimandato tutto ai rigori. E la Francia, per la seconda volta, ha chinato il capo: nel 2006 con l’Italia, ieri con gli eredi al trono.

In una finale ricca di emozioni, rigori, gol fatti e mancati, il duello fra Messi e Mbappé ha sovrastato tutto il resto. Abbiamo ammirato altri protagonisti come Di Maria, il portiere Martinez, l’ex friulano De Paul, il 21enne Fernandez, premiato come miglior giovane del torneo. Ma niente poteva competere con il talento, la forza e il carattere dei due campionissimi. In un colpo solo Messi ha raggiunto Maradona e staccato Cristiano Ronaldo divenendo fra l’altro, il giocatore più presente nella storia dei Mondiali. Sull’altro versante Kylian Mbappé, parigino di nascita, ma con cromosomi camerunensi e algerini, non potrà festeggiare domani i 24 anni con il secondo titolo di fila, ma s’è posto in scia di Messi, suo compagno di squadra, per riceverne il testimone. In due edizioni ha già realizzato 12 gol, di cui 8 in questa edizione, prendendosi il titolo di capocannoniere proprio davanti alla Pulce. Neanche Pelè aveva fatto tanto. Inoltre ha firmato una tripletta, impresa riuscita solo all’inglese Hurst, beneficiato di un gol alla Germania che proprio gol non era nella finale del 1974. E anche noi appassionati di calcio, in un colpo solo, abbiamo visto all’opera i due migliori giocatori di questo tempo.

All’altezza della finale - la quarta dal 2006 che finisce ai supplementari per dire dell’equilibrio sempre più alto - è stato anche l’arbitro polacco Marciniak che non ha sbagliato nulla sul piano tecnico (ok i 3 rigori senza ricorso al Var, ok la simulazione a Thuram) ma sul piano disciplinare ha evitato l’ammonizione ad almeno cinque giocatori. Probabilmente per raccomandazione dall’alto. Ma se un fallo è da giallo, il cartellino va estratto per rispetto di tutto il contesto. Altrimenti il calcio prende una deriva preoccupante. E anche lo scarso uso del Var in tutto il torneo merita una riflessione. Una cosa è certa. Le stelle di Messi e Mbappé hanno illuminato un Mondiale che rappresenta una svolta nella storia del calcio intero. Nel bene e nel male. Indietro non si torna.