SYDNEY - Il governo del New South Wales va avanti con una serie di riforme severe su armi da fuoco e proteste pubbliche, nonostante la promessa di sfida da parte di gruppi filo-palestinesi.
Le misure sono state annunciate in risposta alla strage di Bondi Beach, avvenuta nove giorni fa durante una celebrazione dell’Hanukkah, che ha provocato 15 morti e decine di feriti.
Il parlamento statale è stato richiamato appositamente per approvare il pacchetto di leggi, che dovrebbe passare con il sostegno dell’opposizione. Le riforme prevedono un tetto massimo di quattro armi da fuoco per persona, limiti più stringenti sulle munizioni e nuovi poteri per restringere o vietare le manifestazioni pubbliche dopo eventi classificati come terroristici.
Il premier Chris Minns ha difeso con convinzione l’approccio adottato, definendo le misure “straordinarie ma necessarie” per ristabilire un senso di sicurezza nella comunità. “Non possiamo fingere che il mondo sia lo stesso di prima di quell’attacco terroristico - ha dichiarato -. La priorità assoluta del mio governo è proteggere le persone del NSW, e questo significa apportare questi cambiamenti”.
Secondo la proposta sulle proteste, le autorità potranno imporre una Public Assembly Restriction Declaration della durata iniziale di 14 giorni dopo un attacco terroristico, con la possibilità di estenderla fino a tre mesi. Minns ha più volte collegato le manifestazioni pro-Palestina a un clima di retorica antisemita, sostenendo che alcune proteste rischiano di “liberare forze che gli stessi organizzatori non sono in grado di controllare”.
Ierisera, circa 200 persone si sono radunate nel centro di Sydney per protestare contro le nuove leggi, sotto una forte presenza della polizia. Tra le bandiere palestinesi e i cartelli esposti, uno riportava la scritta “Globalise the Intifada”, slogan che Minns ha promesso di vietare come parte della stretta contro messaggi ritenuti incitanti all’odio.
L’organizzatore Adam Adelpour, del gruppo Stop The War on Palestine, ha spiegato che il raduno voleva essere anche un momento di lutto e solidarietà dopo l’attacco di Bondi. Allo stesso tempo, ha accusato il governo di sfruttare la tragedia per limitare le libertà civili e silenziare le critiche verso Israele. Ha inoltre dichiarato di essere pronto a sfidare eventuali futuri divieti alle proteste.
I manifestanti hanno respinto qualsiasi collegamento tra le proteste pacifiche e l’attacco di Bondi, la sparatoria più grave in Australia degli ultimi trent’anni. Le autorità ritengono che i due attentatori, Sajid Akram e il figlio Naveed, fossero ispirati dallo Stato Islamico. Sajid è stato ucciso dalla polizia sul posto, mentre Naveed è ora imputato per omicidio e terrorismo.
Il dibattito resta acceso: tra l’esigenza di sicurezza invocata dal governo e le preoccupazioni di chi teme una compressione duratura del diritto di protesta.