Domani, martedì, Jim Chalmers presenterà il suo quarto bilancio di gestione. Era in programma da tempo ma i laburisti avevano poi deciso di evitarlo e di andare alle urne in aprile. L’ex ciclone Alfred, però, lo ha rimesso precipitosamente in gioco e per questo, probabilmente, qualche dettaglio è stato inserito un po’ all’ultimo momento prendendo in considerazione le esigenze elettorali. Il responsabile del Tesoro ha mostrato decisamente meno entusiasmo del solito sul documento di previsione, forzato dall’imprevedibilità della natura, ma ha comunque assicurato che sarà, come sempre, responsabile in fatto di spese, ma attento come priorità: “Aiuterà a far fronte al costo della vita e permetterà di continuare a costruire il futuro del Paese rendendo la sua economia più resiliente in questo nuovo mondo costellato da grandi incertezze”. Stesso messaggio del primo budget di Chalmers dopo la vittoria laburista nel 2022, un paio di mesi dopo il vertice su lavoro, competenze e responsabilità, in stile ‘Accord’ dei tempi Hawke-Keating, che era stato preannunciato durante la campagna elettorale. 

Stesso messaggio del primo budget di Chalmers dopo la vittoria laburista nel 2022, un paio di mesi dopo il vertice su lavoro, competenze e responsabilità, in stile ‘Accord’ dei tempi Hawke-Keating, che era stato preannunciato durante la campagna elettorale. La promessa era stata mantenuta ed erano stati fissati nuovi impegni per la ‘resilienza’ - diventata un po’ la parola d’ordine del nuovo responsabile del Tesoro -, con un piano di assistenza all’infanzia, lo sviluppo di nuove competenze, riforme delle politiche industriali e del lavoro.

Ancora ‘resilienza’ la parola-chiave del budget  2023: questa volta la ‘necessità’ era legata alle sfide globali dell’inflazione, dei costi sempre più fuori controllo dell’energia e dei prezzi dei generi alimentari, degli aumenti dei tassi d’interesse. Chalmers, però, mantenendo fede alla promessa del primo ministro che con il suo governo nessuno sarebbe mai stato lasciato indietro, aveva aumentato la spesa grazie anche alle buone notizie che stavano arrivando dall’export, con i prezzi delle materie prime che sostenevano la ‘resilienza’ regalando addirittura il primo attivo di gestione dopo quindici anni. 

Nel 2024, le minacce sono cambiate, e la ‘resilienza’ è diventata sinonimo del programma “Future Made in Australia” parte della cosiddetta ‘nuova economia’ - dinamica, innovativa, flessibile, produttiva, sostenibile – che era stata promessa da Chalmers in un suo saggio subito dopo la vittoria elettorale per delineare le linee guida dell’amministrazione Albanese. 

Ma dieci mesi dopo, le preoccupazioni per la prosperità e la sicurezza si stanno ampliando e stanno, soprattutto, diventando sempre più consistenti a causa del moltiplicatore del fattore rischio che tutto cambi in qualsiasi momento, rappresentato dal caotico ritorno sulla scena mondiale di Donald Trump, con i suoi dazi ovunque. Le ultime 48 ore ci hanno regalato una possibile stretta da parte delle grandi Case famaceutiche sui medicinali a basso costo, mentre cresce l’ansia in vista del “T-Day” del 2 aprile, data in cui inizieranno le nuove imposizioni volute dal presidente USA.

Chalmers ha assicurato che la risposta dell’Australia “non sarà una corsa al ribasso sui dazi”. “Punteremo (tanto per cambiare) a più resilienza, non a più ritorsioni”, ha detto qualche giorno fa nel suo intervento al Circolo della stampa del Queensland. Una filosofia non nuova che, già lo scorso mese, il segretario del Tesoro, Steven Kennedy, aveva indicato davanti ad una Commissione del Senato dicendo che  “costruire la nostra resilienza in questo mondo instabile” implica “attuare e mantenere politiche che sostengano la nostra economia basata sul mercato e garantire che la politica fiscale sia sostenibile, investendo al contempo adeguatamente nella difesa e nella sicurezza”.

Dal dire al fare: domani quindi il ministro del Tesoro sarà chiamato a fare il punto sulla ‘nuova economia’ che aveva promesso, con meno dipendenze dall’estero, senza poter quindi ‘usare’ credibilmente ,per giustificare i passi indietro del tenore di vita degli australiani, i fattori esterni (lo farà comunque) dell’inflazione e delle guerre, continuando a tenere la barra dritta sulle politiche energetiche che, secondo molti economisti, sono al centro del problema del carovita. Per questo, ieri è stato annunciato un prolungamento degli sconti sulle bollette energetiche che dovevano scadere a giugno. Sei mesi di aiuti in più: 150 dollari da ‘pagare’ in due rate da 75 dollari. E, ovviamente, la Coalizione ha detto subito: “Anche noi”. Impossibile, a poche settimane dal voto, tirarsi indietro: il ministro ombra del Tesoro, Angus Taylor, l’ha confermato in un’intervista televisiva non perdendo l’occasione di ricordare a tutti la promessa non mantenuta dai laburisti di abbassare le bollette energetiche di 275 dollari e la necessità quindi, per nascondere il fallimento delle sue politiche di contenimento dei prezzi dell’energia, di ricorre a continui ‘aiuti’ che pesano sui conti di bilancio. 

Settimana cruciale quindi quella che abbiamo appena imboccato, con una tre giorni parlamentare che non sarà decisiva in termini elettorali, ma che sicuramente getterà le basi per la campagna per un difficile rinnovo in solitaria per l’amministrazione Albanese e l’altrettanto improbabile disarcionamento dopo un solo mandato. Tre giorni in Aula prima dell’annuncio della data delle urne di maggio (3, 10 o 17). Tre giorni per cercare di rialzare  i consensi diretti dei laburisti – che, secondo i sondaggi, sono scesi ai minimi storici -, sfruttare la possibilità di usare l’ultimo budget del mandato come piattaforma elettorale riprendendo quindi l’iniziativa politica e iniziare, di fatto, la narrazione che farà da sottofondo all’intera campagna: “il costo della vita sta pesando su ogni cittadino ma con un governo di Coalizione, e la sua predilezione per i tagli di spesa, la situazione non farebbe altro che peggiorare”. 

Occasione da non perdere anche per Peter Dutton che nella sua tradizionale ‘risposta’ al budget dovrà cercare di riprendere in mano il filo del discorso politico che aveva portato avanti con inaspettato successo fino all’arrivo dell’ex ciclone Alfred, che ha riposizionato la luce dei riflettori sul primo ministro. Un paio di giri a vuoto (dai dazi che avrebbe evitato al referendum per deportare i cittadini ‘indesiderati’ sull’onda dell’indubbio problema-criminalità) e il leader dell’opposizione è ritornate nel ruolo dello sfidante con una montagna di 20 seggi da scalare (e non più il favorito nella corsa che sta per partire ufficialmente dopo quasi tre mesi di avviata preparazione). Ben piazzato per un difficilissimo colpo grosso, ma (come Tony Abbott nel 2010) probabilmente costretto ad aspettare altri tre anni, consolidando comunque il suo ruolo alla guida del partito.  

Dutton, ovviamente, pensa di potercela fare da subito e non sembra avere intenzione di rispondere alla sfida lanciata da Albanese, di usare cioè il budget d’alternativa per svelare le sue carte elettorali: ci sarà qualche annuncio (ieri, a denti stretti, Taylor ha detto che per abbassare i prezzi dell’energia, sarà riservato più gas per l’uso interno), ma per i dettagli bisogna aspettare i numeri del budget e la campagna. La strategia non cambia, dicono in casa liberale: programmi solo quando l’Australia sarà completamente sintonizzata. Giovedì però qualche assaggino, magari con qualche nota in più su immigrazione, sicurezza e alloggi, ma il piatto forte arriverà fra qualche settimana, quindi dovrà, per forza, essere uno di quelli da ‘dentro o fuori’, perché il tempo a disposizione comincia ad essere davvero poco per aprire nuovi dibattiti, spiegare e convincere gli elettori che è il caso di rinunciare alla tradizione del doppio mandato quasi automatico per qualsiasi governo.

Qualche responsabilità extra quindi per Chalmers che, nel bene o nel male, domani passerà alla storia laburista: se il suo quarto budget, quello che non doveva esserci, permetterà al governo di ottenere una spinta decisiva per tagliare per primo la linea del traguardo elettorale, il ministro del Tesoro sarà ricordato per avere reso il tutto possibile, se non succederà più di qualcuno dirà che è stato, almeno in parte, per colpa sua.