Zelda D’Aprano ai suoi tempi ha rappresentato un punto di riferimento per i lavoratori e gli specialisti di relazioni industriali. Tuttavia, D’Aprano è diventata un’eroina per il suo coraggio nell’impegno per i diritti delle donne e, proprio per questo, è stata eretta una statua in suo onore. 

All’inaugurazione, era presente anche l’ex primo ministro Julia Gillard, il sindaco di Melbourne, Sally Capp, e la professoressa Claire Wright, co-coordinatrice di A Monument of One’s Own. Presente anche una ricca folla di sostenitori. 

Purtroppo, Zelda non ha potuto assistere all’inaugurazione della statua in suo onore di fronte al Victorian Trades Hall di Melbourne, in quanto scomparsa nel 2018 all’età di 90 anni. 

La statua rappresenta l’iconico momento del 21 ottobre 1969 quando Zelda si incatenò al Commonwealth Building, a Melbourne. Questo gesto di sfida venne fatto durante una delle sue pause pranzo per protestare contro il rigetto di una richiesta di parità retributiva presso il Tribunale del Lavoro.

Sebbene apparentemente possa sembrare un atto spontaneo, è stato in realtà attentamente pianificato con altre donne attiviste dell’Unione. I colleghi uomini dell’Unione non erano particolarmente favorevoli delle loro controparti femminili, nonostante le preoccupazioni comuni sulle ingiustizie sociali; quindi, le donne formarono il proprio comitato e iniziarono una serie di manifestazioni. 

Questa protesta, particolarmente notevole, è stata catturata dalla stampa, che, a quanto pare, è stata segretamente informata dell’evento. Una strategia particolarmente perspicace, che era inaudita a quei tempi. 

Zelda ha preso in prestito una catena, l’ha nascosta sotto un cappotto che ha realizzato per l’occasione, si è infilata le sue eleganti scarpe ed è scesa in strada per attirare l’attenzione della comunità sulla questione della disparità salariale.

Zelda, con le sue colleghe, erano attiviste molto impegnate che si sono battute contro numerose disuguaglianze di genere, nonostante i rischi per se stesse. Ma, proprio attraverso queste azioni, si sono formati diversi gruppi di attiviste in tutto il Paese. 

Jennifer Mann, una talentuosa scultrice, è stata incaricata di creare la statua di D’Aprano, che ha abilmente chiamato Chain reaction (Reazione a catena), alludendo sia alla reazione di Zelda sulla scia della disparità retributiva di genere, sia a come questo momento cruciale abbia scatenato una reazione a catena di eventi che continuano ancora oggi.

L’iconico momento di protesta è stato catturato magnificamente da Mann. La scultrice ha scelto di rappresentare Zelda così com’era – dignitosa, elegante e acuta: “Volevo catturare l’essenza di Zelda; quindi ho studiato attentamente molte sue foto”. Infatti, D’Aprano è rappresentata mentre tiene il suo cartello di cartone nella mano destra, intanto che con la sua mano sinistra sorregge la pesante catena.

Essa pende dal palmo aperto di Zelda e la targa riprende la replica che l’attivista rivolse a un giornalista che non era rimasto impressionato dalla sua protesta e che le chiese che cosa sperava di ottenere. Lei rispose con calma: “Oggi sono io, domani saremo in due, il giorno dopo saremo in tre e andrà avanti all’infinito perché non ci sarà nessuno a fermare questo movimento”.

Zelda era una donna fisicamente esile, ma con molta forza interiore e questa caratteristica è stata ritratta magnificamente da Mann. La risolutezza e l’intelligenza di D’Aprano vengono catturate attraverso lo sguardo diretto, gli zigomi accuratamente delineati e il sorriso complice. “Sapeva esattamente cosa stava facendo”, ha spiegato la scultrice. 

La statua è il risultato di un processo durato tre anni; si è trattato di un’intensa campagna di finanziamento pubblico, con il contributo del governo dello Victoria.
Mann ha spiegato che è molto orgogliosa che la statua sia stata messa in una posizione così importante a Melbourne: “La città può andarne fiera, la gente del posto e i turisti possono vederla, conoscere la sua figura e ciò che ha rappresentato”. 

La statua impersona un potente monumento di memoria per i movimenti femminili, per le loro lotte e per come le attiviste venivano a volte discriminate e a volte tollerate. 

Zelda conosceva l’ingiustizia. Era figlia di genitori ebrei: sua madre originaria della Bielorussia e il padre, invece, dell’Ucraina. Entrambi dovettero fuggire dalle persecuzioni e, alla fine, si diressero verso l’Australia, dove la vita non era comunque facile. 

Zelda ha dovuto lasciare la scuola a quattordici anni per aiutare a sostenere la sua famiglia operaia attraverso una serie di lavori nelle fabbriche e, poi, [lavorò] come sarta. In generale, c’erano opportunità molto limitate a quei tempi per le ragazze di continuare la scuola, specialmente per le ragazze provenienti da famiglie della classe operaia. Il senso di giustizia sociale di Zelda è rimasto un tema chiave per tutta la sua vita.

Un giorno la futura attivista incontrò Charlie D’Aprano, un migrante italiano. Erano accomunati da una forte preoccupazione per le condizioni di lavoro dell’epoca. In alcune testimonianze, Zelda ha descritto il loro innamoramento come meraviglioso, ma non sono mancati in ogni caso anche anni difficili. 

A sedici anni Zelda sposò Charlie e a diciassette divenne già madre della loro unica figlia, Leonie. 
Zelda e Charlie erano entrambi politicamente attivi e impegnati tra le fila del Partito Comunista per molti anni, prima che lei decidesse di uscirne. Successivamente, anche la loro relazione finì, quando Zelda aveva 37 anni. 

La statua di Zelda è un’iniziativa dell’organizzazione, A Monument of One’s Own, che cerca di correggere la scarsa rappresentazione delle donne nell’arte pubblica. Delle 580 statue sparse per Melbourne, infatti, solamente nove raffigurano donne realmente vissute, mentre 27 sono fittizie o allegoriche.

Anche i dati nazionali non sono incoraggianti. Con meno del 15% delle statue australiane in sei capitali che rappresentano le donne, c’è un clamoroso silenzio sul contributo femminile alla società. Curiosamente, sembra che Sydney abbia molte più statue di uccelli che di donne.

Mann è lieta di aver avuto la possibilità di affrontare l’ovvia carenza di statue: “Come scultrice, sono sempre stata consapevole di questa disparità”, ha dichiarato.

Mann ha scelto di utilizzare il bronzo per la statua di Zelda, ma ha dimostrato di avere tanto talento anche nella lavorazione del marmo, avendo trascorso molto tempo nel corso degli anni a Pietrasanta, in Toscana, tagliando il marmo per le sue opere. Esperta di lingua italiana e studentessa di storia dell’arte italiana, Mann si è guadagnata una certa reputazione per le sue straordinarie opere. Zelda sarà sicuramente una delle sue più famose sculture.

Intitolando l’opera Chain Reaction, Mann richiama anche l’attenzione sulle sfide di genere che continuano ancora oggi. In termini di disparità retributiva, attualmente esiste ancora un divario retributivo del 14,3%. 

Mentre la società moderna ha affrontato, in una certa misura, le disparità di opportunità per le donne, la statua di Zelda ricorda costantemente che c’è ancora molta strada da fare prima che anche la questione della disparità salariale diventi un ricordo del passato.