MILANO - Tante pagine firmate Cesare e Paolo Maldini nella storia del Milan. Il secondo le ha scritte soprattutto da calciatore, ma anche da dirigente, in poco tempo, è riuscito a mettere la sua firma, eppure le cose non sono andate come sperava.
Dopo sei mesi di silenzio, in un'intervista rilasciata a "Repubblica", l'ex direttore tecnico del Diavolo dà la sua versione dei fatti su un divorzio doloroso.
Spiega che non ha parlato prima perchè lo avrebbe fatto "di pancia, mentre il tempo permette serenità. Ci sono persone di passaggio, senza un reale rispetto di identità e storia del Milan. E ce ne sono altre legate ai suoi ideali. Converrebbe tenersele strette". Detto che la nuova proprietà aveva il diritto di cambiare, Maldini dice: "Vanno rispettati persone e ruoli. Ho dovuto trovare un accordo per i miei diritti", dice l'ex difensore che prosegue.
"Per Gerry Cardinale io un individualista? Si confonde con la volontà di essere responsabile delle decisioni previste dal ruolo. Il confronto quotidiano è una benedizione. Un ex calciatore di alto livello è abituato al giudizio ogni 3 giorni. Come dirigente sono cresciuto, nei primi 6 mesi mi sentivo inutile. Leonardo mi diceva: stai solo imparando. Non è facile interloquire con un fondo americano o un Ceo sudafricano".
Maldini racconta anche il momento dell'addio. "Cardinale mi disse che io e Massara eravamo licenziati - dice riferendosi al giugno 2023 -. Gli chiesi perché e lui mi parlò di cattivi rapporti con l'ad Furlani. Allora io gli dissi: ti ho mai chiamato per lamentarmi di lui? Mai. Ci fu anche una sua battuta sulla semifinale persa con l'Inter, ma le motivazioni mi sembrarono un tantino deboli”.
"Gli obiettivi stagionali erano: ipotizzando l'eliminazione dalla Champions, un turno passato in Europa League e la qualificazione alla Champions successiva. Quella semifinale ha portato almeno 70 milioni di introiti in più e l'indotto record di sponsor e ticketing. L'attivo di bilancio appena approvato è relativo all'esercizio 2022-23, con le assumptions abbondantemente centrate. Con l'azionista di controllo, in un anno, solo una chiacchierata, più 4 suoi messaggi. Diceva che dovevamo fidarci l'uno dell'altro. Io l'ho fatto: come sia andata, è noto. Credo che la decisione di licenziarci fosse stata presa mesi prima e c'era chi lo sapeva. Il contratto, 2 anni con opzione di rinnovo, mi era stato fatto il 30 giugno 2022 alle 22: troppo impopolare mandarci via dopo lo scudetto". Maldini ricorda gli acquisti fatti, gli obiettivi centrati e gli ultimi mesi difficili.
"Del budget 2023-24 a marzo non se n'era ancora parlato e non si può aspettare giugno per programmare il mercato. Poi, 4 giorni prima del licenziamento, Furlani mi comunicò molto imbarazzato un budget basso: io ne presi atto. Dopo la nostra partenza, il budget è addirittura raddoppiato, al netto della cessione di Tonali, e il monte ingaggi è finalmente in linea col nostro piano: deve essere diventato fonte di ispirazione!", dice Maldini che su Tonali aggiunge: "Avremmo fatto il possibile per non lasciarlo andare.
Non siamo mai stati totalmente contrari a una cessione importante, ma non c'era necessità. Le scommesse? Una sconfitta: non mi sono accorto del suo disagio. Non si fa mai abbastanza per i ragazzi".
Capitolo Pioli, per Maldini "Va ringraziato, è stato fondamentale per i giovani. L'allenatore è tra le persone più sole del calcio.
Dargli compiti che esulano dai suoi, senza sostegno, lo renderà sempre più solo". Maldini parla anche di Scaroni e dice: "Il Milan merita un presidente che ne faccia solo gli interessi e dirigenti che non lascino la squadra sola. Lui non ha mai chiesto se serviva incoraggiamento a giocatori e gruppo di lavoro. L'ho visto spesso andare via quando gli avversari pareggiavano o passavano in vantaggio, magari solo per non trovare traffico, ma puntualissimo in prima fila per lo scudetto. Ho un concetto diverso di condivisione e di gruppo. Posso dire lo stesso anche rispetto ai due Ceo, Gazidis e Furlani".
In Arabia Saudita non cercano solo grandi stelle come calciatori, ma anche dirigenti dal nome importante e Paolo Maldini è certamente tra questi.
"Le alternative al Milan sono limitate: mai un'altra italiana, eventualmente solo una straniera di alto livello. A me piace vincere e costruire. L'Arabia? Chissà, potrebbe essere un'idea".
La storia tra la famiglia Maldini e il Milan si è chiusa il 5 giugno? "Non lo so, un legame di 36 anni è troppo forte e resterà per sempre: la storia non si cancella. Dico grazie alla vita e al Milan. Vedo rappresentata una nuova era, un Berlusconi 2. Un ripassino della storia italiana degli ultimi 40 anni, politica e imprenditoriale? L'ho detto prima del mio congedo: oggi comandate voi, ma per favore rispettate la storia del Milan".