Diceva il noto comico e cabarettista di Matera, Dino Paradiso: “Il lucano non ha mai dato molta importanza al fatto di esserlo, anzi, il lucano che ama la sua terra non si vanta mai di questo. Vive cercando di fare bene il suo lavoro, senza enfasi; anche se fa cose grandi che meriterebbero un’attenzione particolare, lui questa attenzione non la cerca, non la vuole. Non lo fa per stare sotto al riflettore, anzi, sembra quasi che il riflettore gli dia fastidio”.
Quando ho contattato Piero Gesualdi, professionista stimato nei settori del design, della moda e della ristorazione in Australia, ho dovuto insistere un po’ per convincerlo a raccontarsi. E anche davanti al registratore, la sua domanda continuava a essere: “Ancora non capisco perché, con tutti gli italiani talentuosi che ci sono in giro, vuoi parlare proprio con me? Non ho fatto niente di eccezionale”. Eppure, da ciò che si sente dire a Melbourne, non sembra proprio così.
Migrato dalla Basilicata all’età di sette anni con la madre e la sorella Lucia, raggiunge il padre a Fitzroy nel 1956, proprio nell’anno in cui si tenevano le Olimpiadi nella capitale del Victoria.
Da sempre appassionato alle arti e attratto dalle belle cose, decide di iscriversi al corso di Architettura e Design del Royal Melbourne Institute of Technology (RMIT) nel 1967. Un corso, però, che non completerà mai, nonostante la sua grande passione per l’architettura.
“Il design era un po’ troppo ‘moscio’ per me; avevo bisogno di qualcosa di più vivace. Poi quelli erano gli anni degli hippies e quindi anche io decisi di seguire quella scia”. Una scia che lo porta dapprima in Afghanistan, poi in Pakistan, Turchia e diciotto indimenticabili mesi in India: “Al tempo questi Paesi non erano considerati ancora turistici e, probabilmente, se fosse stato oggi, non credo che avrei visitato l’Afghanistan con la spensieratezza di quando avevo vent’anni”.
Quegli anni di scoperta in luoghi ricchi di storia, tradizione, colori e sapori diversi, cambiano radicalmente l’allora giovane Gesualdi: “Tutti i miei sensi sono stati letteralmente bombardati dai diversi costumi e dalle usanze di quei Paesi. E venendo dall’Australia di quei tempi che, per dirla in maniera carina, era un po’ ruvida, ne sono rimasto profondamente affascinato”.
Da quel pellegrinaggio parte la decisione di migrare al mondo della moda agli inizi degli anni ‘70.
“A quei tempi, la capitale della moda italiana era Firenze, prima che Milano prendesse il sopravvento. Viaggiavo quindi spesso verso il capoluogo toscano”, racconta. Viaggi di lavoro, ma anche di grandi scoperte a carattere sociale. Gesualdi diventa amico con molti fiorentini che aprono il cuore della bella città d’arte all’italo-australiano: “Era gente dei mercati, quindi un po’ particolare. Ma mi hanno fatto scoprire tantissimo”.
Da sempre affascinato dalle creazioni di giovani stilisti emergenti e, grazie alle sue conoscenze nei mercati fiorentini, Gesualdi scopre il design di un allora, quasi sconosciuto, Giorgio Armani, decidendo di investire sullo stilista, uno tra i primissimi in Australia a farlo, tanto da portare i suoi capi d’abbigliamento Down Under.
“Avevo aperto boutique di alta moda sia a Sydney sia a Melbourne. Ma non rappresentavo solo moda italiana, vendevo anche le creazioni di altri giovani stilisti, come Jean Paul Gaultier prima che diventasse un fenomeno mondiale”.
Masons, il marchio delle boutique di Gesualdi, era così iconico al tempo che gli Who’s Who delle due capitali australiane diventarono ben presto suoi clienti abituali. Tra questi, anche uno dei più controversi ristoratori italiani di Melbourne, Rinaldo ‘Ronnie’ di Stasio. “Come succede spesso quando sei in confidenza con qualcuno, finisci a parlare di svariate sciocchezze. Tra le tante, c’era questa idea di aprire un caffè che richiamasse quello stile europeo da ‘grand café’”.
La sciocchezza diventa realtà e tredici giorni prima del Natale 1986, Gesualdi e Di Stasio aprono l’indimenticabile Rosati a Flinders Lane.
Ma come si passa dal successo riscosso nel business dell’alta moda alla ristorazione che lascia un segno?
“C’è un detto a Londra che dice, ‘If you can clothe them, you can feed them’ (Se li puoi vestire, li puoi anche sfamare)”, risponde Gesualdi.
Descrive Rosati come una “grande follia”, non solo per i suoi grandiosi spazi e altisonante architettura, ma anche per il concetto su cui si basava, qualcosa che non era mai stato sviluppato fino a quel momento.
Rosati è un nome che ho spesso sentito nominare durante i miei anni passati nella ristorazione di Melbourne, avendo lavorato con molti veterani passati per quel locale. A oggi, è ancora considerato il pioniere della ristorazione avant-garde della capitale del Victoria, talmente iconico nei suoi 25 anni sotto la guida di Gesualdi e Di Stasio tanto da essere scelto come location per Got to be Certain della famosa cantante australiana Kylie Minogue.
“Aveva uno stile sfarzoso da gran café europeo con richiami all’arte fiorentina, all’Art déco, con un enorme bancone di legno lavorato a mano e intricati mosaici nella pavimentazione. Tanta della nostra clientela era la crème de la crème di Melbourne e, in contrasto, c’era anche chi proveniva da quelle vecchie generazioni di emigrati europei a cui ricordavamo chissà quale bistro o caffè che erano soliti frequentare nel loro Paese di origine”, ricorda.
Oggi Piero Gesualdi è tornato al suo primo amore – l’architettura –, ma in un modo tutto suo. “Ho aperto questo negozio, ‘MondoPiero’, nel 2016. Lo considero come il culmine dei miei piaceri nella vita. Vendo prodotti di cui amo circondarmi e che, se avessi avuto una casa più grande, li avrei sicuramente usati nel mio arredamento. Ma la mia casa assomiglia a un monastero; non ha distrazioni. Tutte le mie distrazioni sono qui”.
Anche se non è nell’albo dei designer, Gesualdi è da sempre stimato per la sua grande esperienza professionale, tanto da esser stato chiamato da Tony Nicolini – celebre per aver fondato la catena DOC – per rimodernare nel 2018 quello che poi è diventato un locale di spicco ad Albert Park, ‘Italian Artisans’.
MondoPiero, più che un negozio, sembra una galleria d’arte. Collocato nella parte iniziale (se venite dalla città) di Brunswick Street, nella Fitzroy che dal 1956 è casa per Gesualdi, ricorda quell’idea da sala di museo dove sono esposte collezioni private. Questa è l’impressione che si ha, non solo per tutta l’arte a vista, ma anche per l’insonorizzazione ambientale, con un’eco di voce quasi da cappella religiosa. Parlare sottovoce sembra appropriato, mentre si ammirano i pezzi unici importati dall’Italia, Francia, Inghilterra, Olanda, Giappone e molti altri.
Alcune delle creazioni di Gesualdi sono presenti all’interno di MondoPiero, come imponenti tavoli o spaziosi scaffali su cui sono esposti tanti pezzi unici. Tra questi, ci sono quelli dell’Officina Profumo-Farmaceutica Santa Maria Novella, fondata a Firenze nel lontanissimo 1612. Spiccano, poi, i vassoi in alluminio, fatti esclusivamente a mano, del brand londinese Kaymet, insignito del prestigioso Sigillo della Casa Reale d’Inghilterra. E ancora, i coltelli della famiglia fiorentina Berti, mastri coltellieri dal 1895. Ogni pezzo esposto ha un’affascinante storia generazionale dietro, come la grande lavorazione con cui sono stati prodotti e la loro bellezza unica. I prezzi sostenuti, inutile dirlo, seguono di conseguenza.
“Io e la mia compagna Michele acquistiamo solo prodotti artigianali con una grande storia alle spalle. Michele si occupa della parte amministrativa e degli acquisti, mentre io faccio da Cicerone”, spiega Gesualdi, precisando anche come, nonostante Michele sia maltese, abbia una padronanza della lingua italiana di gran lunga migliore della sua.
Come spesso accade quando si vive dall’altra parte del mondo, Gesualdi ha perso i contatti sia con la lingua sia con il resto della famiglia rimasta in Basilicata. “Ogni tanto sono tornato a visitare il paesino dove sono nato e cresciuto, ma è abbastanza fuorimano e non ci sono mezzi pubblici per raggiungerlo”. Un paesino sperduto ma carico di quella bellezza unica del Sud Italia, che Gesualdi ricorda ancora vividamente a distanza di tanti anni.
“Tante persone mi chiedono spesso quando andrò in pensione. Questa è la mia pensione. Non sono fatto per il golf o per la pesca. MondoPiero è il centro del mio universo e, alla mia età, lo dico senza vergogna. E se non sei d’accordo con me, allora ‘ciao ciao, ci vediamo’”.