ROMA - Il “ringhio” di Rino. La scelta in qualche modo è anche legata al soprannome di Gennaro Gattuso, da oggi ufficialmente nuovo commissario tecnico della Nazionale.
La Figc cercava uno che l’azzurro ce l’ha nel cuore, uno capace di ringhiare, di trasmettere quell’orgoglio che ha sempre sentito nel rappresentare l’Italia come calciatore, uno che ha fatto della grinta, prima da centrocampista e poi da allenatore, la sua principale peculiarità.
Inutile cercare i cosiddetti “maestri di calcio”, i presunti “giochisti”, quando la squadra da guidare è una selezione che si ritrova pochi giorni prima delle partite e che, fatta eccezione solo per i lunghi tornei preceduti da un paio di settimane di intensi raduni, non ha la possibilità di lavorare sul campo, di immagazzinare la dottrina dei prof del pallone di turno. Forse, se non sicuramente, anche questo ha pagato Luciano Spalletti.
Il suo Napoli ha vinto e incantato, la sua Italia ha perso e anche male, facendo vedere solo a sprazzi qualche idea calcistica tipica del vate di Certaldo. Si cambia rotta, lo impone una situazione che bisogna riprendere per il collo e Rino lo sa fare.
Ha personalità da vendere, conosce alla perfezione l’ambiente, l’aria di Coverciano (73 presenze solo in Nazionale A), è uno dei ragazzi di Marcello Lippi che nel 2006 portò l’Italia sul tetto del mondo e sa come si fa, come si risponde alle pressioni.
Al suo fianco ci sarà Gianluigi Buffon, capo delegazione che già ieri, mentre si godeva gli azzurrini, definiva la “scelta migliore” quella riguardante il suo ex compagno di avventure con il tricolore sul petto. Attenzione, però, Gattuso non è soltanto un allenatore capace di trasmettere grinta, le sue squadre hanno sempre avuto una precisa identità e, al di là delle esperienze complicatissime con società alle prese con problemi extra-campo (Sion, Ofi Creta, Pisa, Hajuduk Spalato), ha allenato club importanti come il suo Milan, il Napoli, il Valencia e il Marsiglia.
“Le sue motivazioni, la sua professionalità e la sua esperienza saranno fondamentali”, le parole del numero 1 del calcio italiano, Gabriele Gravina, nel comunicato che ha ufficializzato una nomina che, subito dopo il no di Ranieri, era sembrata tra le più logiche. “Gattuso è un simbolo del calcio italiano, l’azzurro per lui è come una seconda pelle”, ancora il presidente federale.
Tutto vero e al suo fianco ce ne saranno altri che hanno quel colore nelle vene. Da Gigi Buffon (recordman di presenze in Nazionale) a Leonardo Bonucci che farà parte dello staff tecnico di Gattuso e che con il nuovo ct condivide la presenza nella top 20 della classifica delle presenze azzurre (121 il primo, 73 il nuovo ct).
Il discorso potrebbe allargarsi ad altri profili, da Perrotta a Zambrotta (altri due campioni del mondo come il ct e il capo delegazione) probabilmente chiamati a dare una mano come componenti di un Club Italia se non nuovo, forse rivisto e allargato.
Ci sarà, ma non a stretto contatto con la Nazionale, anche l’ex ct Cesare Prandelli, lui si occuperà dei vivai, dei talenti del futuro e anche lui sa bene cosa sia l’azzurro.
Del nuovo staff ne parlerà giovedì 19 il presidente Gravina quando, alle 11, Gattuso verrà presentato alla stampa. Per lui contratto di un anno e un solo obiettivo: centrare la qualificazione al Mondiale del 2026.
La strada è in salita, ma proprio per questo si è arrivati alla nuova rivoluzione azzurra e proprio per questo “Ringhio” avrà la sua grande chance.
Debutterà a Bergamo, il 5 settembre contro l’Estonia, tre giorni dopo sfiderà Israele (almeno così dice al momento il calendario) in campo neutro. Dovrà vincere sempre, fino ad arrivare al 16 novembre alla sfida casalinga contro la Norvegia.
Vincere sempre, non ha altra scelta. Per farlo punterà sul carattere e la grinta che ha sempre avuto dentro e che dovrà trasmettere ai suoi, ma anche sulla qualità della squadra e sulle idee del suo calcio.
Ultimamente la Nazionale ha scelto la difesa a 3, anche con un ct che ha sempre giocato a 4 come Luciano Spalletti.
Anche Gattuso predilige due un calcio con due centrali e due terzini, con tre centrocampisti e tre attaccanti. Ma non è un integralista, ormai non può esserlo più nessuno in un calcio sempre più “fluido” (per dirla alla Spalletti).
Cambierà anche il linguaggio calcistico della nuova Italia: pochi giri di parole e messaggi chiari. Conta la maglia, l’azzurro, il Mondiale, tutto il resto non troverà spazio nella missione del ct Gennaro Gattuso.