TEL AVIV - Il governo di Benjamin Netanyahu avrebbe offerto al capo di Hamas, Yahya Sinwar, la possibilità di un salvacondotto per uscire da Gaza in cambio del rilascio degli ostaggi e della rinuncia al controllo sulla Striscia.

“Sono pronto a fornire un passaggio sicuro a Sinwar, alla sua famiglia, a chiunque voglia unirsi a lui - ha detto durante un’intervista il responsabile israeliano per i rapiti e gli scomparsi, Gal Hirsch -. Vogliamo indietro gli ostaggi. Vogliamo la smilitarizzazione, la deradicalizzazione ovviamente: un nuovo sistema che gestisca Gaza”. 

Secondo quanto riportato, durante i tentativi di rilanciare i negoziati per un accordo il mese scorso, Sinwar avrebbe fatto sapere, attraverso un funzionario egiziano, di volere “garanzie sulla sua sicurezza” con la richiesta che Israele si impegnasse a non ucciderlo una volta raggiunta l’intesa e rilasciati gli ostaggi.

Nelle stesse ore, il ministro della Difesa israeliano, Yoav Gallant, ha dichiarato che le capacità militari di Hamas sono state gravemente danneggiate dopo quasi un anno di guerra e che l’organizzazione avrebbe perso la sua potenza militare a Gaza.

“Hamas come formazione militare non esiste più. Hamas è impegnato nella guerriglia e noi stiamo ancora combattendo i terroristi di Hamas e perseguendo la leadership di Hamas”, ha affermato il Ministro.

Intanto, i vertici dell’Esercito di Tel Aviv hanno diffuso un video del tunnel in cui erano tenuti prigionieri i sei ostaggi giustiziati da Hamas nei giorni scorsi, per dimostrare le condizioni disumane a cui sono sottoposti gli ostaggi israeliani. 

Nelle stesse ore in cui il procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Khan, ha richiesto con insistenza di spiccare “con la massima urgenza” i mandati di arresto per crimini di guerra per Netanyahu e per lo stesso Sinwar, Israele si è attirato l’ira degli Stati Uniti per la morte dell’attivista turco-americana Aysenur Ezgi Eygi, raggiunta da un colpo di pistola alla testa venerdì scorso vicino a Nablus, in Cisgiordania, mentre partecipava a una protesta in difesa di agricoltori palestinesi.

Sulla sua morte, l’Esercito israeliano ha ammesso di ritenere “altamente probabile che sia stata colpita indirettamente e involontariamente dal fuoco dell’Idf, che non era diretto a lei ma al principale istigatore della rivolta”.

“[L’Esercito israeliano deve fare] cambiamenti fondamentali nel suo modo di operare in Cisgiordania, comprese le regole di ingaggio”, ha tuonato il segretario di Stato americano Antony Blinken da Londra, definendo la morte della 26enne “non provocata e ingiustificata”. 

Per quanto riguarda l’attacco condotto contro il campo profughi di Al Mawasi, a Khan Yunis, di martedì scorso, ancora una volta le versioni delle due parti sono opposte, con l’Idf che sostiene di aver preso di mira “importanti terroristi che operavano da un centro di comando nella zona umanitaria”, e di aver ucciso tre esponenti di spicco dell’organizzazione direttamente coinvolti nel massacro del 7 ottobre.

Secondo la fazione islamica, viceversa, “le accuse sulla presenza di combattenti della resistenza sono una palese menzogna”. 
Il ministero della Salute di Gaza, guidato da Hamas, ha rivisto il bilancio delle vittime dell’attacco, che in un primo momento erano state indicate in 40 morti, dichiarando un bilancio provvisorio di 19 morti e 60 feriti.

“Non posso restare in silenzio [di fronte a quanto successo a Khan Yunis]”, ha detto l’alto rappresentante Ue Josep Borrell durante una conferenza stampa al Cairo. “Le leggi di guerra devono essere rispettate, i civili protetti e la responsabilità garantita.

Non possiamo normalizzare la catastrofe umanitaria a Gaza”, ha ammonito Borrell. Medesima condanna è stata espressa anche dal segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, il cui portavoce ha inoltre denunciato che un convoglio carico di vaccini antipolio nella striscia di Gaza sarebbe stato tenuto sotto tiro dai soldati israeliani a un posto di blocco militare e che sarebbero stati sparati dei colpi. 

L’incursione israeliana su Al Mawasi è stata duramente stigmatizzata dall’Iran, il cui portavoce del ministero degli Esteri, Nasser Kanani, ha affermato che con “questi attacchi folli, il regime sionista ha dimostrato ancora una volta di non rispettare nessuna regola legale e internazionale e nemmeno le norme morali e umane”.