Da sempre lettore infaticabile, in continua ricerca di atmosfere rétro e indagini psicologiche in cui abbandonarsi. Luigi Gussago, oggi insegnante di italiano all’Università La Trobe a Melbourne, tiene ancora i fili legati alla sua città di origine, Brescia, mentre attende di ricevere la cittadinanza australiana; ammette di esser “sempre un po’ dibattuto”, nonostante sia arrivato in Victoria all’età di 37 anni, già piuttosto orientato sul proprio futuro.
Al termine del suo percorso di laurea in Lingue nella sua città d’origine, ha affrontato alcuni anni d’insegnamento nelle scuole medie, per poi decidere di rincorrere il suo primo interesse, la letteratura comparata; i suoi passi l’hanno guidato fino a Wangaratta per un’esperienza come assistente di italiano, e più tardi a Melbourne per un dottorato di ricerca. Dopo la pubblicazione del suo primo libro sul romanzo picaresco e la letteratura umoristica, ha scelto di mettere alla prova la sua penna con una raccolta di diciotto racconti e una novella, La casa, il nido, la prigione, che contengono riflessioni maturate nel corso degli anni, “a volte scanzonate, a volte più sobrie”, sul tema della casa.
“Sono sempre stato affascinato dal dibattito attorno al tema della ‘casa’ – ha raccontato Gussago –; c’è chi la vede come un nido in cui sentirsi protetti e chi se ne sente soffocato”.
I suoi personaggi li definisce un po’ “strampalati”, sicuramente lontani dalle sue esperienze personali, eppure rappresentano al meglio il doppio nodo della casa, vissuta come luogo caro oppure come “spazio opprimente”; e per lo scrittore, diventa soffocante quando ti impone strade predeterminate – il lavoro fisso, il matrimonio, una famiglia –, realtà che, secondo Gussago, si sono rivelate irreali o difficili da ottenere nel corso degli ultimi decenni: “Non necessariamente è la famiglia stereotipata a dominare la società oggigiorno, ci sono tanti tipi differenti di famiglia”, ha aggiunto.
La raccolta di racconti è stata selezionata dalla casa editrice italiana Bookabook che lavora attraverso progetti di crowdfunding; si tratta, infatti, di raccogliere un certo numero di pre-ordini entro cento giorni dalla pubblicazione dell’anteprima del libro: “È un modo stimolante per attrarre interesse verso il proprio lavoro”, ha spiegato Gussago.
E tra personaggi femminili storici, fittizi, singolari, avvolti dalle atmosfere tipiche della provincia italiana – “Un racconto è infatti dedicato alla selva della provincia di Brescia dove sono seppellite le vittime della peste del ‘400, perché la memoria va rinfrescata, bisogna tornare indietro per comprendere il presente”, ha spiegato lo scrittore –, c’è anche il racconto toccante e di rivalsa di sua nonna Giuseppina, La guerra di Josepp, che a soli ventitré anni fu informata tramite una cartolina che suo marito Piero era ferito a un occhio e dichiarato disperso in Russia. Era il 1942, nel pieno della Seconda guerra mondiale.
“Da quel giorno non arrivarono più sue notizie, ma lei ha sempre vissuto con la speranza di rivederlo un giorno. Mia nonna non ha voluto più risposarsi, nonostante i suoi suoceri volessero combinare un matrimonio con il secondo figlio rimasto vedovo. Solo negli ’80, mio nonno Piero fu dichiarato deceduto, ritrovato in una fossa comune. Josepp, così come la chiamavamo, fu colpita da un profondo senso di delusione: ‘Togliatti era comunista ma non ci ha aiutati!’, ripeteva spesso – ha raccontato Gussago –. Con il racconto, ho voluto evidenziare il conflitto che si era creato tra lei, vedova e con un bambino piccolo, mio padre, e la famiglia del marito. Secondo una mentalità patriarcale, a lei non spettava un posto nella famiglia; i suoi suoceri preferivano che ritornasse dalla sua famiglia d’origine. Lei però ha lottato duramente: ‘Mio marito mi ha portata qui e solo lui mi porterà via’, gli disse. Affermando la sua presenza fisica nella famiglia, cercava di difendere prima di tutto suo figlio e dargli una sicurezza finanziaria e un senso di appartenenza”.
Sua nonna decise di dedicarsi alla gestione di una trattoria, ‘Campagnola’, che ancora oggi si erge in una zona periferica di Brescia: “A quei tempi gestire un ristorante era considerato un lavoro stagionale, legato solo al raccolto e al vigneto. Eppure, alla fine, ottenne un grande successo e il resto della famiglia la seguì”.
Altre testimonianze e voci s’intrecciano ne La casa, il nido, la prigione. Per supportare il progetto letterario di Luigi Gussago, è possibile visitare il sito.