ROMA - Scintille nel Partito democratico attorno al disegno di legge sul contrasto all’antisemitismo presentato da Graziano Delrio e assegnato martedì alla commissione Affari costituzionali del Senato.
A far deflagrare il caso è il leader di Avs Angelo Bonelli, che definisce il testo “sconcertante” accusandolo di adottare la definizione elaborata dall’International Holocaust Remembrance Alliance, secondo cui sarebbe considerata antisemita anche una critica radicale allo Stato di Israele. Un attacco che apre una frattura nel “campo largo” e scatena immediate reazioni tra i dem.
“Critiche strumentali che sanno di giustificazionismo e ipocrisia dai soliti inquinatori di pozzi”, replica l’eurodeputata Pina Picierno, voce di spicco dell’area riformista. Ma dal lato vicino alla segretaria Elly Schlein arrivano segnali opposti. “Consiglierei vivamente di non legiferare su questioni delicatissime”, osserva il deputato Arturo Scotto durante un convegno dei parlamentari dem, mentre il responsabile Esteri Peppe Provenzano invita a respingere l’antisemitismo “con forza, ma con un’azione politica coerente”. Nessuno dei due, tuttavia, si espone apertamente sul merito del testo.
A rompere gli indugi è il capogruppo al Senato Francesco Boccia, che prende ufficialmente le distanze dall’iniziativa: “Il senatore Delrio ha depositato, a titolo personale, il ddl che non rappresenta la posizione del gruppo né quella del partito”. Una dichiarazione che di fatto disconosce il progetto e che non sembra destinata a placare il dibattito.
Sul tavolo delle commissioni, tra Camera e Senato, sono sei le proposte che intendono disciplinare la definizione di antisemitismo e le politiche di contrasto.
A dividere è soprattutto l’adozione, comune a tutte, della definizione IHRA: poche righe accompagnate da esempi ritenuti controversi, come “il paragone tra le politiche israeliane e quelle naziste”, la “negazione del diritto all’autodeterminazione del popolo ebraico” o “la richiesta di comportamenti non attesi da altri Stati democratici”.
Le critiche non riguardano solo la definizione. Secondo Bonelli, il ddl Delrio delega il governo Meloni a varare decreti legislativi “per il controllo e la rimozione di contenuti antisemiti diffusi online”, includendo anche l’obbligo per ogni università di nominare un responsabile incaricato di vigilare su eventuali attività interne considerate illegittime.
“Non si possono colpire le opinioni di chi critica Israele”, avverte il leader di Avs, a cui fa eco Scotto, che insiste: “L’antisemitismo è un cancro, ma non va confuso con la critica legittima alla deriva antidemocratica di uno Stato”.
Lo stesso Delrio difende la sua iniziativa sottolineando che la definizione IHRA è stata già adottata dal Parlamento europeo nel 2017 e dal governo Conte nel 2020: “Non le diamo forza di legge, a differenza di altri progetti, proprio perché molto discussa: c’è chi la giudica debole e chi eccessiva”.
A complicare ulteriormente il clima è arrivato un appello firmato da storici dell’ebraismo, studiosi dell’antisemitismo e scrittori che si occupano di mondo ebraico o di libertà d’espressione, che giudicano “inaccettabili e pericolosi” i disegni di legge in discussione.
Il gruppo - tra cui figurano Anna Foa, Roberto Della Seta, Helena Janeczek, Carlo e Lisa Ginzburg, Gad Lerner, Giovanni Levi, Stefano Levi Della Torre, Simon Levis Sullam, Bruno Montesano, Valentina Pisanty e Roberto Saviano - denuncia che le proposte recepiscono la definizione IHRA ignorando la più equilibrata Jerusalem Declaration on Antisemitism, con l’effetto di “equiparare qualsiasi critica politica a Israele all’antisemitismo”, banalizzando il fenomeno e “trasformando la lotta all’odio antiebraico in uno strumento politico” per limitare il dibattito pubblico e la critica verso le politiche israeliane, descritte nel testo come “violente, autoritarie e perfino genocidarie contro i palestinesi”.
Gli estensori dell’appello ritengono controproducente introdurre leggi speciali che isolano l’antisemitismo dal contrasto più ampio a ogni forma di razzismo, sostenendo che una tutela specifica “in favore degli ebrei” rischierebbe di alimentare nuove ostilità e ulteriore antisemitismo.