Teresa Genovese, con il suo volto sempre sorridente, gli occhi brillanti e vispi e il passo svelto, è ormai considerata una colonna portante del Solarino Social Club, di cui è socia a vita. Donna instancabile dalla memoria di ferro, nonostante i suoi quasi 92 anni di età; se non la si trova in giro per le sale del sodalizio o in pista a ballare, è quasi sempre possibile rintracciarla in cucina a dare una mano.
Teresa nasce a Solarino, in provincia di Siracusa, “in via Cavour al vecchio numero 65”, come ricorda ancora. Ultima di cinque figli, non ha una memoria vera e propria della madre, che impara a conoscere solo tramite le parole di suo padre: “Il dottore l’aveva ammonita quando era rimasta incinta di me, a causa dei suoi problemi di cuore: ‘Cristina, tu con questa gravidanza muori, il tuo cuore non reggerà’, le aveva detto”. Teresa ha solo quattordici mesi quando la mamma perde la vita.
All’età di sei anni, è scoppiata la Seconda guerra mondiale, durante la quale deve salutare due dei suoi fratelli che partono come soldati. Per scampare alla sanguinosa battaglia di Solarino del luglio del 1943, Teresa scappa con la famiglia nelle campagne fuori dal paese, rifugiandosi in una grotta per dodici giorni: “Siamo sopravvissuti mangiando solo frumento bollito”.
Quando riescono a fare ritorno a Solarino, Teresa ricorda la zia darle una fetta di pane: “Non l’ho neanche vista da quanto avevo fame. Ne ho chiesta subito una seconda, ma purtroppo non ce n’era più”.
Una notte, mentre tutti dormivano nella casa distrutta dai bombardamenti, Teresa sente qualcuno che bussa ripetutamente alla porta, gridando: “Papà, papà, apri!”. “Era mia fratello Michele, fuggito dall’Inghilterra dove era stato fatto prigioniero. Era scappato a piedi: non so neanche come abbia fatto ad attraversare lo stretto di Messina. Era così magro, quasi irriconoscibile. Crollò nelle braccia di mio padre”, ricorda.
A undici anni, Teresa inizia a lavorare: “Sgusciavo le mandorle e poiché venivamo pagati a quantità, il primo giorno ne feci 70 chili”. Seguiranno poi la raccolta delle olive, dei pomodori.
Durante il lavoro in campagna, nel 1949, Teresa conosce Salvatore: “Aveva diciannove anni; io, quindici. È stato subito amore. Lui veniva tutte le sere sotto la mia finestra, mi chiamava con un sordellino (fischietto) e io lo guardavo da lassù, struggendomi”.
I due giovani innamorati decidono poi di scappare insieme, sposandosi dopo nove mesi. Poco dopo nasce la prima figlia, Lucia, seguita da Maria e Paolo. “Con tre figli, nella Sicilia del dopoguerra, non avevamo tanti soldi e, oltre al cibo, i bambini avevano anche bisogno di una casa dove vivere, dei vestiti. Così abbiamo deciso di partire per l’Australia”.
La giovane famiglia arriva a Melbourne nel 1964 e Teresa trova subito lavoro in fabbrica, lei che non ha mai perso quella grande manualità e velocità che aveva sin da bambina, ereditata dalla mamma che, “nonostante fosse piccola, aveva una grande forza e quando camminava era così veloce che sembrava volare”. Il lavoro a cottimo però non bastava e, oltre a richiedere un grande sforzo fisico da parte di Teresa, le apportava un enorme carico mentale.
“Ho trovato quindi un lavoro fisso, retribuito regolarmente, in ospedale, come donna delle pulizie”. Dopo quattordici anni, complici anche alcuni problemi alla schiena a seguito di una vita passata a lavorare duramente, Teresa decide di ritirarsi all’età di 52 anni. “Era arrivato il momento per me di staccare e dedicarmi a tempo pieno alla mia famiglia”.
Oggi, Teresa, anche se è l’ultima componente della sua famiglia d’origine a rimanere in vita, vanta sei nipoti e otto pronipoti, il più piccolo dei quali ha da poco compiuto un anno.
Durante tutti gli anni passati oltreoceano, però, Teresa non ha mai dimenticato la sua Solarino: “Sono tornata due volte: nel 1981, la prima volta, e già in quell’occasione l’avevo trovata cambiata dalla testa ai piedi. Non conoscevo più nessuno; anche io ero una straniera ormai”. Poi, nel 1996, Teresa fa visita una seconda volta, sentendosi questa volta totalmente alienata dal suo paese natìo: “Parlavano tutti italiano – non li capivo. Io parlo solo il dialetto e l’inglese che ho imparato in Australia”, dice.
Nell’inverno del 2019, pochi mesi dopo il 70esimo anniversario di matrimonio, il marito Salvatore scompare. “Siamo stati sposati per 70 anni, tre mesi e sette giorni. Mio marito è stato e sarà sempre il mio unico amore. Perché l’amore vero, secondo me, è uno solo. Certo, il nostro matrimonio non è stato tutto rose e fiori, ma abbiamo tirato avanti. Prima si soffriva e si stava insieme. Oggi, invece, appena si soffre si fa la valigia, e via”.