BRESCIA - Gli occhi di Manlio Milani bagnati dalle lacrime rappresentano l’immagine che più testimonia il peso di una sentenza attesa 51 anni. Da lui, che perse la moglie alle 10.12 del 28 maggio 1974, e da una città intera. Il Tribunale dei minori bresciano ha scritto un nuovo pezzo di storia sulla strage di Piazza Loggia e lo ha fatto condannando a 30 anni Marco Toffaloni, oggi un signore di 67 anni e all’epoca un giovane neofascista veronese che cinque giorni dopo avrebbe compiuto 17 anni. 

Per la giustizia italiana è uno degli esecutori materiali dell’attentato neo fascista in cui morirono otto persone e ne rimasero ferite altre 102. Secondo i giudici, che hanno accolto la richiesta dei Pm e che hanno inflitto il massimo della pena per un processo minorile, è stato lui a mettere l’ordigno nel cestino sotto i portici di Piazza Loggia dove si è fermato, come dimostra una foto agli atti, anche dopo lo scoppio. Non era in aula alla lettura della sentenza e mai si è presentato in tribunale durante il processo. È cittadino svizzero dagli anni ‘90, ha cambiato nome e nei mesi scorsi le autorità elvetiche hanno già fatto sapere che anche in caso di condanna definitiva non consegneranno Toffaloni all’Italia, perché ritengono il reato di strage prescritto. 

“Dove ha atteso la sentenza? Non lo so. Aspettiamo di leggere le motivazione poi vedremo come muoverci”, si è limitato a commentare il suo legale, l’avvocato Marco Gallina. Come detto, si è invece commosso Milani, che da 51 anni, come presidente di Casa della Memoria del capoluogo lombardo, sta portando avanti la battaglia per la verità completa, non accontentandosi delle condanne all’ergastolo definitive dal 2017 nei confronti di Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte, considerati i mandanti della strage bresciana. 
“Questa condanna di Toffaloni - sono state le sue parole - certifica soprattutto che tutti sapevano tre giorni dopo la strage. E aspettare mezzo secolo per arrivare alla verità è davvero una cosa che mi sconvolge”, ha commentato visibilmente commosso. “È giusto che ci sia stata questa sentenza così com’è giusto che i magistrati siano andati avanti a fare il lavoro mentre è ingiusto che la magistratura sia messa sotto attacco in questo momento”, ha spiegato Milani. 

A rappresentare l’accusa in aula c’erano la Pm Caty Bressanelli e Silvio Bonfigli, da pochi mesi procuratore capo di Cremona dopo anni da procuratore aggiunto a Brescia. E anche lui ha insistito su quel che non si fece nel 1974. “Noi abbiamo battuto molto sulle trame atlantiche e soprattutto sui depistaggi. L’abbiamo anche detto nelle varie fasi del processo. Insomma - ha detto - questa era una vicenda nella quale se tutti avessero fatto il loro dovere ad agosto del 1974 poteva essere conclusa”. 

Secondo il procuratore questo è comunque “solo il primo passo, naturalmente, perché adesso bisogna aspettare gli altri gradi di giudizio”. “[Ma in ogni caso], credetemi, la cosa principale, a parte le responsabilità individuali e che è venuta fuori la verità del contesto”, ha concluso. Per il sindaco bresciano Laura Castelletti, “la sentenza che vede Toffaloni condannato a 30 anni di carcere rappresenta non solo un punto di arrivo di un lungo percorso giudiziario, ma anche un momento significativo nella nostra continua e incessante ricerca di giustizia e verità”.