Quando Alexx Hermann ha scoperto di essere stato selezionato per suonare alla Sydney Opera House, ha provato un’ondata di emozioni: gioia, incredulità, e un pizzico di nervosismo. Del resto, non capita tutti i giorni di esibirsi in uno dei palcoscenici più prestigiosi al mondo.
Il talentuoso artista d’origine argentina e discendenze giapponesi, giovedì scorso, davanti a un pubblico attento e affascinato, ha portato in scena “Sphere of Glass”, un viaggio musicale che ha toccato corde profonde, mescolando suoni, immagini ed emozioni.

Fin da ragazzino, Hermann è stato affascinato dalle colonne sonore: “Guardavo film non solo per la trama, ma per la musica che li accompagnava, pian piano mi sono lasciato ispirare da quei suoni capaci di raccontare storie senza parole. Quel legame con il mondo del cinema è rimasto intatto nel mio modo di comporre”.

Ma c’è stato un altro momento che ha segnato il suo percorso. Da adulto, ha scoperto qualcosa che non sapeva: sua nonna trasferitasi diversi anni prima in Argentina e con cui ha recentemente recuperato il rapporto, gli ha rivelato che la famiglia ha radici giapponesi. Una sorpresa totale, che ha fatto luce su quel suo fascino inspiegabile per la cultura del paese del Sol Levante

Da quel momento, Hermann ha iniziato a esplorare quelle influenze anche nella sua musica, trovando un equilibrio tra minimalismo e profondità emotiva.
Qualche anno fa, Hermann si è già esibito a Sydney, ma in un contesto molto diverso. Durante il Vivid, il grande festival di luci e musica, è stato selezionato come busker, suonando per strada. Un’esperienza importante, perché è stato proprio allora che la sua musica ha iniziato a girare grazie ai turisti che, ascoltandolo, lo condividevano online.
Ora, però, la scena era completamente diversa. Niente più marciapiedi affollati, ma il palco iconico della Sydney Opera House. E quella notte, la sua musica ha fatto esattamente ciò per cui è nata: ha trasportato il pubblico in una dimensione sospesa, quasi onirica.
 “Penso che ognuno di noi viva dentro una sorta di ‘sfera di vetro’, un rifugio fragile, ma sicuro. La musica, secondo me, è il modo più potente per entrarci dentro, per riconnettersi con le proprie emozioni e con il momento presente”, spiega in riferimento al titolo dello spettacolo, “Sphere of Glass”.
E mentre il futuro è ancora un punto interrogativo visto che il suo visto in Australia sta per scadere e sta cercando una soluzione per rimanere, una cosa è certa: la sua musica continuerà a viaggiare, a toccare chi l’ascolta, a raccontare storie senza bisogno di parole.