WASHINGTON - Terminati i festeggiamenti per la vittoria elettorale (altri articoli a pagina 10), Donald Trump si è immediatamente messo al lavoro per stilare la nuova squadra di governo e definire le prime mosse in vista dell’inaugurazione ufficiale del suo mandato, il prossimo gennaio.

Come promesso durante la campagna elettorale, Trump si è detto capace di trovare una soluzione veloce alle guerre che stanno infiammando il mondo, a cominciare da quella in Ucraina.

Per questo ha sentito telefonicamente il presidente Volodymyr Zelensky, una conversazione che sarebbe durata 25 minuti e durante la quale non sarebbero stati discussi i dettagli del piano di pace. Alcune fonti americane hanno riferito che Zelensky sarebbe uscito “rassicurato” dal confronto con Trump, anche se a ventiquattr’ore di distanza, Bryan Lanza, uno dei consiglieri del neo eletto presidente americano, ha commentato alla Bbc che da Zelensky ci si aspetta “una visione realistica della pace, se venisse al tavolo a dire che la pace ci sarebbe solo con la Crimea ci mostrerebbe di non essere serio”, perché “la Crimea è persa”.

Un chiaro segnale che la nuova amministrazione si concentrerà sul porre fine alle ostilità,, piuttosto che sul ripristino dell’unità territoriale ucraina. Per capire quale piega prenderanno i colloqui di pace, si attende un colloquio fra Trump e Vladimir Putin, che si è già detto pronto a rispondere alla chiamata.

“Le uccisioni insensate finiranno presto. Il tempo per gli speculatori guerrafondai è scaduto”, ha commentato da parte sua Elon Musk, presente durante la telefonata tra Donald Trump e il presidente ucraino, a cui ha assicurato che continuerà a sostenere Kiev con la sua rete di satelliti Starlink.

Un dettaglio che conferma quanto potrebbe essere influente nella prossima amministrazione l’uomo più ricco del mondo che, in attesa di guidare la nuova commissione per l’efficienza governativa, continua a vedere i titoli delle sue aziende salire, spinti dal trionfo di Trump. 

Intanto, il neo eletto presidente, che insieme ai suoi più stretti collaboratori sta lavorando dal suo fortino di Mar-a-Lago per definire la squadra di governo, ha annunciato che Susie Wiles sarà chief of staff della Casa Bianca, la prima donna a ricoprire quello che è uno dei ruoli più importanti per una veterana della politica, capace di “creare ordine nel caos”, come dice lei stessa.

E mentre Trump si prepara a incontrare nello studio Ovale il presidente uscente, Joe Biden, per il passaggio di consegne, il clima negli Stati Uniti rimane teso. Si è, infatti, acceso il primo scontro politico con il governatore democratico della California, Gavin Newsom, che ha annunciato di esseresi messo a capo della “resistenza” e di aver pensato a mosse preventive contro le annunciate politiche di Trump, che discuterà il 2 dicembre durante una sessione speciale del Parlamento dello Stato.

L’idea di Newsom è di adottare contromisure alle iniziative della nuova amministrazione rispetto ai temi dell’immigrazione, dei diritti riproduttivi e sugli aiuti federali per i disastri. Con il governatore californiano si sono schierati quelli di New York, Kathy Hochul, dell’Illinois JB Pritzker e del Michigan, Gretchen Whitmer, tutti con ambizioni presidenziali nel 2028. Tra le politiche più temute quelle sull’immigrazione, con Trump che ha promesso di lanciare la più grande deportazione di massa della storia americana.

Per attuarla, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal, i suoi consiglieri stanno valutando, nel primo giorno di insediamento, una dichiarazione di emergenza nazionale, che potrebbe consentire di utilizzare fondi della Difesa, anche per il muro al confine col Messico, strutture militari per la detenzione e aerei militari per le espulsioni.

Il Wall Street Journal ha fatto sapere che inizialmente ci si concentrerebbe sugli immigrati illegali con ordini definitivi di espulsione, circa 1,3 milioni, così come su quelli con altre condanne o accuse penali. La futura amministrazione starebbe anche valutando modi per incoraggiare gli immigrati ad andarsene volontariamente, forse rinunciando a un divieto di 10 anni per il rientro. 

Una recente stima dell’American Immigration Council ha previsto che le deportazioni di massa dell’attuale numero di immigrati clandestini negli Stati Uniti (11 milioni di persone secondo una stima governativa nel 2022, 20 milioni secondo Trump) potrebbero costare 968 miliardi di dollari in più di un decennio, dati a cui Trump avrebbe obiettato che “non è una questione di costi”, ma è il fatto che “non abbiamo scelta”.