MELBOURNE - Grazie alla collaborazione con il Melbourne Holocaust Museum, venerdì 15 luglio 2022 la classe della maturità di Italiano di Mazenod College - assieme al professore Denis Passalent - ha avuto la rara opportunità di incontrare Guta Goldstein su Zoom. 

Guta è una sopravvissuta alla Shoah di 92 anni, una delle ultime testimoni viventi di quella tragedia. In questa incursione interdisciplinare che collega la storia e l’italiano nell’ambito delle attività per l’Unità 4 del VCE, Guta ha condiviso parte della sua vicenda di migrazione che intreccia la geografia e le lingue di almeno quattro Paesi: la Polonia, la Germania, l’Italia e l’Australia.

Nel 1939,  a nove anni, inizia il periodo più difficile della sua vita perché assieme alla famiglia è prima segregata nel ghetto di Lodz dove le persone venivano fatte morire di fame; in seguito, è internata nel campo di concentramento di Auschwitz e poi a Bergen-Belsen. 

La classe era silenziosissima, incantata dalle sue parole mentre ci raccontava questi passaggi della sua vita personale. 

Con la fine della guerra, nel 1945, è senza più casa, senza famiglia, senza amici, senza nazione, senza infanzia. 
Guta arriva dunque a Firenze dove vivrà per quattro anni e mezzo.

In una delle pagine del suo libro autobiografico Towards the Future. A Memoir (p. 53) che abbiamo analizzato in classe, l’autrice descrive le persone di Firenze come persone gentili e sempre pronte ad aiutare con un consiglio e un sorriso. 

La storia di Guta ci ha ricordato il film La vita è bella che abbiamo visto nell’Anno 9, non solo perché è ambientato durante la Seconda guerra mondiale ma anche perché è una storia di speranza nata da una tragedia.

E qui è iniziata una conversazione molto spontanea tra noi e Guta in cui abbiamo potuto chiederle alcune curiosità in piena libertà. 

Alcune domande erano anche in italiano! 

Guta Goldstein durante il collegamento  via Zoom con la classe di studenti del Mazenod College

Ci ha detto che nel 1949 è arrivata in Australia e qui ha ricostruito la sua vita. 

Ha ribadito che per lei è un dovere raccontare; lo deve per i sei milioni di ebrei uccisi. 

Nonostante tutto, non ha perso la sua fede in Dio e ci ha incoraggiati a non discriminare e a non escludere le persone.

Questa esperienza ci ha fatto riflettere su quel capitolo della storia del Novecento, sulla resilienza da avere nonostante le ingiustizie che esistono nel mondo. 

Le abbiamo chiesto se si sentiva la benvenuta in Australia e la sua risposta ci ha reso orgogliosi di vivere in questo Paese. 

Ha detto che sebbene non avesse famiglia o amici, è stata ben accettata ed è soddisfatta. Per lei questo è il migliore Paese del mondo!

Per concludere, è stata una preziosa opportunità di dialogo anche perché questi testimoni diretti non ci saranno più nel giro di pochi anni. 

Suggeriamo anche ad altre classi del VCE in Australia di fare questa esperienza di incontro.