Melbourne è una città dentro le cui arterie, più che sangue, scorre il caffè. Siamo infatti considerati la capitale dove si beve più caffè al mondo, e dove chi consuma questa bevanda calda ha dei gusti ed esigenze ben precise. Tantissimi i cafè che ormai sembrano nascere come funghi dopo la pioggia, immancabili gli abitudinari che li frequentano al di là della semplice consumazione. Non è sempre stato così, però. La cultura del caffè, come molte altre abitudini alimentari che ormai vengono considerate mainstream, viene introdotta a partire dalle ondate migratorie del dopoguerra.
Un fenomeno affascinante che ha da sempre catturato l’interesse della scrittrice Sandra Makris, tanto da decidere di dedicargli un libro nel 2010, Journeys of Melbourne’s Coffee Pioneers: Trailblazing Passions (I viaggi dei pionieri del caffè di Melbourne). Per questo ambizioso progetto, Makris ha deciso di avvalersi dell’aiuto del noto fotografo italo-australiano Peter Casamento. “Circa 15 anni fa, abbiamo cominciato ad avvicinare persone sedute nei caffè, o gli stessi proprietari. Così ho scoperto storie straordinarie di migranti, difficoltà e successi imprenditoriali, e ho pensato che meritassero un libro a sé”, ha ricordato Makris.
“A quello, avrebbe dovuto far seguito un libro sulla cultura del caffè. Purtroppo, la mia vita prese un’altra direzione. Mia madre aveva bisogno del mio sostegno. Così le 25.000 foto scattate da Peter rimasero lì, a prendere polvere. Ma lui non ha mai smesso di dirmi: “Sandra, dobbiamo fare qualcosa. Sono foto bellissime, dobbiamo condividerle con tutti”.”
Il caso ha voluto che Casamento sia stato uno dei pochissimi fotografi del Victoria a essere recentemente selezionato per organizzare una mostra fotografica a Melbourne, nell’ambito dell’Head On Festival di Sydney.
Makris e Casamento hanno quindi deciso di esporre 50 di quelle vecchie fotografie presso il Coffee Machine Technologies di Lygon Street, nella mostra gratuita Melbourne Through the Coffee Cup, al via questo 9 novembre, e in scena per tutto il mese.
La mostra fotografica sarà divisa in sezioni, ognuna delle quali rappresenta i diversi contesti nei quali le persone si trovano a gustare il proprio caffè: durante lo studio, nel corso di una riunione di lavoro, o mentre si scrive un libro. “Ricordo ancora la storia di una signora che ha scritto un intero libro al cafè che frequentava. Ha poi voluto usare quello stesso cafè per il suo book launch”, ha richiamato Makris.
Una scelta non del tutto casuale, poiché parte di quel documentario è stato tratto dal libro di Makris: “Il mio più grande rimpianto è che né il tipografo, né il mio graphic designer mi abbiano mai detto che stavano chiudendo i loro business. Non mi hanno neanche chiesto se volessi i file, le foto, le matrici di tutte quelle interviste. Così ora non posso ristampare il libro. Chi ne ha una copia, possiede un prezioso pezzo da collezione”.
All’inaugurazione sarà presente anche Angelo Pricolo, figlio di Francesco Pricolo, uno dei pionieri dei cafè di Carlton negli anni ’60. “Abbiamo una foto di Francesco Pricolo vicino alla sua fidata affettatrice. Se l’era portata a casa una volta in pensione. Questo dimostra quanto amore e dedizione queste persone hanno sempre messo nel loro lavoro”, ha asserito Casamento.
Anche la scelta della foto usata nella cartolina promozionale della mostra non è lasciata al caso, come ha affermato Makris: “Ritrae due sorelle francesi. Le abbiamo incontrate alle 11 del mattino, ed erano già al loro terzo caffè. Ci dissero che volevano gustare tutto il caffè di Melbourne prima di tornare a Parigi”. Il colore del retro della cartolina, volutamente allusivo a quello della crema del caffè, richiama lo stesso che Makris scelse per il suo libro 15 anni fa. “Mi ricordo che avevamo portato dei chicchi di caffè in tipografia, perché volevamo ottenere il colore giusto per il libro”.
Se Makris ha sempre rappresentato la caffeina di tutta l’operazione, Casamento è stato quello che è riuscito a catturare l’essenza di un’intera città racchiusa in una tazzina: “‘Usciamo per un caffè’ va ben al di là del semplice atto di incontrarsi per berlo. Proprio durante il book launch di Sandra, mi è improvvisamente apparso chiaro che non si trattava di caffè, ma della comunità: dell’orgoglio delle famiglie riunite per far parte di quel progetto e della natura rituale del tutto — le risate, la socialità. Il caffè è la ‘colla’ che ci tiene uniti”.