“Quando vedo il marchio Grinders sui pacchetti di caffè negli scaffali del supermercato o su un camioncino per le consegne, penso tra me e me: Giancarlo ha fatto bene”.

Il Giancarlo in questione è naturalmente Giancarlo Giusti, classe 1930, che domani compirà 90 anni; l’uomo che ha contribuito allo sviluppo della ‘cultura del caffè’ di Melbourne e all’hipsterismo, un fenomeno divenuto virale nei dodici anni intercorsi tra la crisi finanziaria globale e la pandemia da coronavirus, ma che era già presente negli anni ‘80 e ‘90, specialmente tra i clienti della torrefazione Grinders, di Lygon Street, nel cuore della Little Italy, e una delle prime strade trendy di Melbourne.

Giancarlo Giusti, quarto da sinistra, sulla nave salpata da Genova nel 1960, diretta in Australia

Della storia di Giancarlo, dalla nascita ad Albaredo d’Adige (VR) all’arrivo in Australia a 29 anni, i suoi primi passi in questa terra, gli alloggi condivisi, la General Motors, il lavoro come rappresentante di caffè alla Mocopan e la realizzazione che poteva fare di più, proprio in quel campo, abbiamo raccontato tutto nel profilo che gli abbiamo dedicato lo scorso anno.  Così come abbiamo scritto dell’ormai leggendaria singola sterlina, pagata per il primo macchinario per la torrefazione, della partnership con Rino Benassi, le forniture di caffè Grinders ai migliori ristoranti a livello nazionale, l’arrivo del caffè Giancarlo negli scaffali dei supermercati, e poi quella fantomatica telefonata del suo commercialista, ricevuta mentre era in vacanza in Italia nel 2005, che lo informava che la Coca Cola aveva fatto un’offerta per il suo business.

Arrivando alla redazione de Il Globo per una chiacchierata, Giancarlo ha fatto le scale a passo atletico, facendomi pensare che io, che di anni ne ho qualcuno meno, facevo fatica a stargli appresso.

Raggiunta la sicurezza finanziaria che la cessione alla Coca Cola gli ha garantito, Giancarlo da anni evita l’inverno, trascorrendo sei mesi a Melbourne, circondati dai più stretti familiari, e altri sei mesi a Verona, dove, durante la stagione lirica, è reperibile sempre attorno a Piazza Bra:  “Non c’è niente che mi piaccia di più di essere seduto all’arena di Verona, a una rappresentazione dell’Aida, la più bella opera di sempre”, dichiara.

Quest’anno però, Giancarlo è rimasto bloccato a Melbourne, a causa della pandemia, e dichiara, realista, che forse la sua ‘clausura’ australiana continuerà anche il prossimo anno, “perché lì mi sa che stanno peggio”.

Con la pandemia, il lockdown, la paura dei contagi, degli assembramenti, sono mesi che non mi capita di passare per Lygon Street, quindi non ero al corrente della chiusura di Grinders, la storica torrefazione aperta da Giancarlo nel 1962 – e rilevata dal gruppo Coca Cola –, che era diventata il simbolo della ‘cultura del caffè’, di Melbourne.

La notizia non me l’ha data lui, ma il suo interlocutore in una telefonata che ha ricevuto a fine chiacchierata con me. “È uno che ha lavorato con me – dice Giancarlo, che al momento della cessione aveva 85 dipendenti –, e che ha imparato bene; fa un ottimo caffè”.

Nella parte di conversazione che ho sentito prima di allontanarmi, ho capito che l’interlocutore chiedeva a Giancarlo di informarsi su chi fossero gli attuali proprietari dell’edificio che ospitava la storica torrefazione, chiusa da Coca Cola alla scadenza del contratto di affitto:  “Se riusciamo a metterci d’accordo, la riapro io la torrefazione”, ho sentito dire dall’altro capo del telefono, e ho incrociato le dita, perché ora che se n’è andato il Lygon Street Food Store, non può chiudere anche la torrefazione; ciò snaturerebbe la strada simbolo dell’italianità di Melbourne.