La saga della doppia cittadinenza era cominciata in punta di piedi, lo scorso luglio, quando il senatore verde del Western Australia Scott Ludlam si era dimesso dopo aver scoperto di essere ancora in possesso della cittadinanza neozelandese. In tanti avevano fatto spallucce. D’altra parte, in un Paese d’immigrazione come l’Australia, dove tra l’altro una cittadinanza ‘separata’ dallo status di suddito britannico fu introdotta solo nel 1948, essere doppio cittadino non rappresenta certo una stranezza né un motivo per dubitare della lealtà di una persona nei confronti della nazione. Ma la saga si è allargata a macchia d’olio e oggi è il motivo che mette in bilico la maggioranza del governo a Canberra.
L’ultimo a essere caduto nella ragnatela dell’articolo 44 della Costituzione è stato il deputato liberale John Alexander, che si è dimesso dopo aver scoperto di aver “molto probabilmente” ereditato la cittadinanza britannica dal padre, nato in Inghilterra nel 1907 ed emigrato in Australia all’età di tre anni, quando Down Under, in assenza di una cittadinanza australiana, non c’era comunque altra scelta che essere sudditi britannici.
Scanso equivoci, John Alexander ha rassegnato le dimissioni, in una decisione che alcuni hanno giudicato “affrettata”, rinunciando a un suo possibile passaporto di Sua Maestà, e si è rimesso in corsa per il seggio di Bennelong. Le elezioni suppletive si terranno il 16 dicembre e stanno velocemente assumendo i contorni di un campo di prova per il governo liberale di Malcolm Turnbull che attualmente detiene una maggioranza di un solo seggio alla Camera bassa.
Entrambi gli schieramenti hanno già dato segnali di fare sul serio. Alexander è stato raggiunto dal ministro degli Esteri Julie Bishop, che un recente sondaggio ha indicato come leader preferita dagli australiani invece dell’attuale primo ministro. I laburisti hanno scelto come propria candidata l’ex premier del NSW Kristina Keneally che, nonostante un passato pesante a causa delle accuse di corruzione che avevano travolto il suo governo, è una figura riconosciuta a livello nazionale. Fatto interessante: Keneally è nata e cresciuta negli Stati Uniti ed è diventata cittadina australiana solo nel 2000. Nel 2002, ha rinunciato alla cittadinanza americana prima di candidarsi per il seggio di Heffron. Solo due anni da australiana ma ben a conoscenza della Costituzione, sapere è potere.
Ieri i laburisti hanno ufficialmente lanciato la campagna elettorale da Ryde, con tanto di danza tradizionale con dragone, facendo l’occhiolino agli elettori di origine cinese, che nel seggio ammontano a ben il 19% della popolazione. “Sarà una battaglia difficile, ma ne vale la pena – ha detto Keneally affiancata dal leader Bill Shorten -. I nostri avversari giocheranno tutte le loro carte, sono nel panico”. “Per i prossimi 27 giorni, gli occhi dell’Australia saranno puntati su Bennelong” ha detto la candidata. Shorten ha detto che una vittoria segnerebbe la fine dell’era Turnbull. “Ci sono milioni di persone che vorrebbero essere al posto degli elettori di Bennelong, Bennelong ha l’opportunità di parlare per tutta l’Australia e mandare un messaggio a Turnbull” ha aggiunto.
Il seggio a nord di Sydney è tradizionalmente conservatore. Qui il partito laburista ha vinto una sola volta nella storia, nel 2007, quando Maxine McKey ebbe la meglio sull’allora primo ministro John Howard in una storica sfida all’ultimo voto. Ma, nel 2010, Alexander ha riportato il seggio in mano liberale con un margine del 9,5%. L’anno scorso, l’ex campione di tennis ha poi ottenuto una facile rielezione nel seggio benestante e molto credente dove Keneally “non c’entra nulla”, come ha detto un residente 60enne intervistato dal Guardian nel sobborgo di Epping. Ad entrambi i candidati viene rimproverato di abitare fuori dai confini del seggio, Keneally appena 800 metri oltre il ‘confine’ e Alexander “temporaneamente” a Bondi. Quanto alla saga della cittadinanza che li sta riportano alle urne, viene percepita come “una perdita di tempo e soldi per tutti”. “Credo che un terzo della popolazione di Epping abbia una doppia cittadinanza” dice il 60enne al Guardian. Un passaporto in più, in questi quartieri multietnici ma conservatori dove il ‘No’ ai matrimoni gay ha vinto con il 50,2%, non è un problema, un programma progressista potrebbe esserlo.
Al momento, comunque, i giochi sono completamente aperti. Un nuovo sondaggio pubblicato sabato sul Telegraph dà una sostanziale parità tra i due candidati in corsa (se ne potrebbe, scrive l’ABC, aggiungere un terzo, con il conservatore Cory Bernardi che domani annuncerà forse un suo candidato). Secondo il rilevamento di Galaxy Research, i laburisti sarebbero al 39% (in crescita del 10%) e i liberali al 42% (in calo rispetto al 50,4% conquistato da Alexander nel voto del 2016).
E mentre per conoscere il destino di Bennelong (e di Malcolm Turnbull) dovremo aspettare ancora un mesetto, sabato un’altra elezione suppletiva (a livello statale) ha visto il seggio di Northcote, roccaforte laburista per oltre 90 anni, passare in mano verde. La candidata del partito ambientalista Lidia Thorpe ha vinto con il 45,3% dei voti primari (il 55,4% dopo la distribuzione delle preferenze) e sarà la prima donna aborigena a sedere al parlamento del Victoria. Il suo trionfo sulla candidata laburista Clare Burns (35,4%), con una crescita di ben l’11% rispetto alle precedenti elezioni, è stata una vera e propria iniezione di ottimismo per i verdi che, nel fine settimana, hanno festeggiato il 25esimo anniversario del partito a a Hobart, dove era stato fondato.
Il leader Richard Di Natale ha lanciato l’ambizioso progetto di conquistare 25 seggi in parlamento nell’arco della prossima generazione. Al momento i verdi sono presenti con un solo seggio a Canberra, quello del rappresentante di Melbourne, Adam Bandt, ma alle scorse elezioni avevano ottenuto ottimi risultati anche nei seggi di Batman (dove avevano la maggioranza del voto primario) e Wills.
In Victoria, la vittoria a Northcote (il terzo seggio statale per i verdi dopo Melbourne e Prahran) potrebbe scatenere un effetto domino nei sobborghi confinanti. Tanto più adesso che i liberali dello stato hanno annunciato che potrebbero decidere di non presentarsi nei seggi tradizionalmente di sinistra dell’area metropolitana di Melbourne, dove le preferenze liberali hanno finora favorito i laburisti contro i verdi. “Se non corriamo in alcuni seggi centrali, come Brunswick, Melbourne, Richmond o Northcote, il partito laburista perde” ha detto il direttore statale dei liberali del Victoria, Nick Demiris, intervenuto sabato al Consiglio di stato del suo partito, sulla scia della vittoria di Lidia Thorpe. Già in queste elezioni suppletive, resesi necessarie dopo la prematura scomparsa della deputata Fiona Richardson lo scorso agosto, il partito liberale aveva deciso di non schierare un proprio candidato.