“Ho il timore che poco di quello che si ascolta oggi resterà. Potrà interessare il momento attuale, ma non avrà la capacità di diventare un classico. Molto del rap e anche del trap non resterà, perché è legato veramente a un momento particolare, e la vita cambia continuamente. Lo dico anche con dispiacere, perché si perderà la memoria di un momento”. Parola di Claudio Baglioni, anche alla luce del suo addio alle scene annunciato nel 2026. A partire da Sanremo.

“Rifarlo? Già, non lo volevo fare il primo anno…”, scherza. Difficile ipotizzare un Baglioni non più sul palco, ma si scopre che il “dopo” per lui è ricchissimo di idee e di progetti.

“Mi piacerebbe dedicarmi alla musica, studiare ancora di più di quello che mi è mancato studiare, la dottrina musicale, i temi dell’armonia della musica - spiega -. E poi mi piacerebbe tentare qualcosa dal punto di vista musicale che abbia una dimensione maggiore e diversa”.

Una sorta di “teatro totale”, descrive Baglioni. Nel suo futuro non c’è il cinema. “Conto al mio attivo la partecipazione a un solo film, si intitolava ‘Ipotesi sulla scomparsa di un fisico atomico’, sul caso Majorana. Solo che mi fecero un provino, capirono le mie doti e ho interpretato un hippie che cantava una canzone”.

Di scrivere colonne sonore, però, Baglioni non lo esclude. “Mi piacerebbe scrivere musica di commento, anche se sono musiche molto più di sottolineatura”.

Uno dei (pochi) rimpianti viene fuori: “Ho cantato in tutti i teatri lirici italiani tranne alla Scala di Milano. Sono in grandissima compagnia, tolto Paolo Conte e Keith Jarrett, nessuna rappresentazione vi è entrata, forse anche giustamente perché è un tempio sacro. La voglia di cantare lì c’è; sfido chiunque”, ammette Baglioni.