LONDRA – Una legge di poco più di una riga, approvata di sabato in una sola giornata dal Parlamento britannico riconvocato d'urgenza dalle ferie di Pasqua, per salvare dalla chiusura gli altiforni del colosso nazionale dell'acciaio in crisi British Steel ed evitare fino a 2.700 licenziamenti.
È lo Steel Industry Bill, il provvedimento voluto dal premier laburista Keir Starmer per "difendere il futuro del Regno Unito" col passaggio sotto controllo pubblico dello stabilimento di Scunthorpe nel Lincolnshire (Inghilterra orientale) dopo che il gruppo cinese Jingye, proprietario della società dal 2020, aveva annunciato di voler fermare gli impianti e avviare gli esuberi.
Si tratta di un'iniziativa "unica ed eccezionale" del governo che prevede una acquisizione statale tramite il fondo da 2,5 miliardi di sterline istituito a sostegno del settore siderurgico da tempo in difficoltà e minacciato pure dai dazi americani voluti da Donald Trump, e che lascia aperta come "un'opzione probabile" la nazionalizzazione vera e propria dell'azienda "strategica", secondo quanto detto dal ministro delle attività produttive Jonathan Reynolds durante il dibattito alla Camera dei Comuni, durato circa tre ore per i tempi ridottissimi imposti all'iter parlamentare.
Oltre ai deputati, a cui spetta per prassi l'ultima parola sui testi di legge, erano stati richiamati anche i membri della Camera dei Lord per concludere tutti i passaggi del processo a Westminster, con l'entrata in vigore del provvedimento destinata ad arrivare con l'atto automatico della firma di re Carlo III in veste di capo dello Stato (il cosiddetto Royal Assent).
Nonostante la maggioranza laburista blindata e l'ampio sostegno bipartisan alla legge, non sono mancate le critiche all'esecutivo per la gestione della lunga crisi di British Steel da parte dell'opposizione conservatrice guidata da Kemi Badenoch, all'insegna della "improvvisazione" rinfacciata al Labour, risoltosi a riconvocare solo oggi le Camere dalle ferie.
Badenoch ha anche accusato il governo di aver "fatto naufragare" una bozza di accordo col gruppo cinese, che lei sostiene di aver negoziato quando era ministra dell'industria e del commercio internazionale nel precedente governo Tory.
Ci sono state contestazioni pure sulla mancanza di un piano definito nero su bianco sugli obiettivi nonché sulla difformità di trattamento fra l'impianto di Scunthorpe e quello gallese di Port Talbot, altro stabilimento siderurgico storico del Regno Unito, per il quale il governo Starmer ha delineato un accordo di compromesso con la proprietà privata (in mano in quel caso al gigante indiano Tata) pur in presenza di 3'000 posti di lavoro a rischio, offrendo sostegno in cambio d'una riconversione meno inquinante della produzione.
E ancora nella discussione ai Comuni il deputato ed ex leader conservatore Iain Duncan Smith, noto falco anti-Pechino, ha affermato che British Steel non avrebbe "mai dovuto" essere venduta a una holding con sede in Cina - come fatto fra l'altro sotto un esecutivo Tory 5 anni fa - per "ragioni di sicurezza" nazionale.
La BBC ha sottolineato del resto come l'acciaio prodotto a Scunthorpe sia di diversa qualità rispetto a quello di Port Talbot, in particolare per il suo utilizzo nell'industria della difesa. Lo stesso Starmer ha affermato più volte l'importanza dell'impianto inglese per l'interesse nazionale, alla luce dell'aumento multimiliardario delle spese militari voluto dal primo ministro per far fronte alle "minacce" a livello internazionale.
Subito dopo la fine del dibattito sir Keir è andato nel Lincolnshire per incontrare una delegazione di lavoratori e dei sindacati, che avevano organizzato a Scunthorpe insieme ai cittadini una manifestazione con slogan come "salviamo la nostra città" e "riprendiamoci l'acciaio", mentre il management legato al gruppo cinese si è già visto negare oggi l'accesso alla fabbrica e i funzionari designati dal governo si preparano a prenderne il controllo allo scoccare del Royal Assent, anche se per ora Jingye continua a mantenerne la proprietà. E secondo un sondaggio la maggioranza dei britannici (57%) è favorevole alla ri-nazionalizzazione del settore siderurgico.