In tempi di coronavirus, la maggior parte delle aziende si sono appoggiate al lavorare da casa per tutelare la salute dei propri collaboratori. Scelta molto interessante, se vissuta correttamente. Il problema del lavorare da casa è che, oltre ai fattori di stress, si sommano le problematiche del sedentario. Tra queste la sovraesposizione agli schermi di computer e altri device.

Con gli uffici e le scuole chiusi a causa dell’emergenza sanitaria globale dovuta al coronavirus, il tempo di esposizione agli schermi si è moltiplicato in maniera esponenziale. Ma, del resto, non ci si può sottrarre al lavoro da casa in smart working per non bloccare del tutto l’attività produttiva. Né si possono evitare le lezioni in streaming e i compiti online, che hanno l’obiettivo fondamentale di proseguire la didattica scolastica e universitaria. 

Un occhio sano, che non ha problemi di vista o di lubrificazione, non subisce particolari danni anche se evidentemente l’utilizzo del computer è un fenomeno visivo che richiede maggior concentrazione e l’autonomia non è illimitata. Quindi anche nelle condizioni ideali quando utilizziamo il computer è bene fare delle interruzioni. E’ inoltre importante che gli ambienti in cui lavoriamo abbiano la giusta umidità. L’esposizione prolungata a schermi digitali determina una più rapida evaporazione del film lacrimale, quel sottile strato di liquido che riveste la superficie oculare.

Perché? Il motivo risiede nello scarso o incompleto “ammiccamento”,”blink” in inglese: gli occhi vengono strizzati meno di frequente e questo rallenta la diffusione del film lacrimale sulla superficie dell’occhio con conseguenze che vanno dall’affaticamento al bruciore, dall’irritazione al dolore. Se lo stimolo persiste a lungo, questo provoca un’infiammazione che può diventare cronica. Infatti, studi hanno dimostrato che la visione di fronte a schermi digitali determina una diminuzione del rateo di ammiccamento del 40%. Sbattere le palpebre serve a mantenere intatto il film lacrimale, un sottile strato di acqua e lipidi (grassi) sulla superficie dell’occhio che ci fa vedere nitidamente e ci protegge da corpi estranei e sostanze irritanti. 

Purtroppo, fissare gli schermi per periodi prolungati di tempo significa sbattere le palpebre meno frequentemente e aumentare il rischio di sviluppare i sintomi della malattia dell’occhio secco. Oggi accediamo ai social media innumerevoli volte al giorno e anche i contenuti video che prima erano fruiti in televisione, oggi si vedono sugli schermi degli smartphone. Quindi questo significa una enorme quantità di visione da vicino che porta a stanchezza oculare e disturbi della visione di varia entità.

La malattia dell’occhio secco è caratterizzata da un film lacrimale instabile e più concentrato, che porta ad un aumento dell’infiammazione con conseguenti danni alle strutture e ai nervi degli occhi. Nel dettaglio, la secchezza oculare da moderata a grave può alterare la qualità della vita e può essere associata a: dolore agli occhi; limitazioni nell’esecuzione di attività quotidiane (ad esempio lettura, guida, uso di dispositivi digitali); privazione del sonno, riduzione dell’energia; cattiva salute generale; depressione. 

Inoltre, la malattia dell’occhio secco è sempre più un disturbo che osserviamo nella popolazione dei giovanissimi e non è più appannaggio solo della popolazione anziana o delle donne nel periodo che segue la menopausa. Purtroppo, troppo spesso è liquidata come disturbo lieve e passeggero, quindi la gestione dell’occhio secco è stata relegata in passato a disturbo di “serie b”. Di conseguenza, i pazienti cercano da soli rimedi che si limitano ad alleviare i sintomi. Gli esperti hanno messo a punto la cosidetta regola del 20-20-20: ogni 20 minuti di visione da vicino fissare un punto lontano 6 km per almeno 20 secondi; ogni 20 minuti chiudere le palpebre e poi strizzarle leggermente per 2 secondi svolgendo un ammiccamento. Quindi, è importante prendersi del tempo per guardare fuori da una finestra o per chiudere semplicemente gli occhi e dar loro un po’ di riposo. 

La “luce blu” che emettono tablet smartphone, TV e PC è dannosa, ma naturalmente come qualunque cosa dipende dalla dose. Gli studi finora eseguiti su computer e cellulari non hanno rilevato un numero di radiazioni minimamente paragonabile all’emissione di luce blu delle lampade utilizzate per illuminare l’interno dei supermercati. Ovviamente queste informazioni sono state da anni ripetutamente testate e certificate. Ad ogni modo oggi le normali lenti trasparenti degli occhiali possiedono, cosa che prima non era possibile, dei filtri contro i raggi UVA e contro la luce blu, con protezione del 100%. In ogni caso è meglio utilizzare il computer poichè di solito lo guardiamo ad una distanza maggiore rispetto al cellulare che quindi stanca di più gli occhi. 

In queste settimane di smart working improvvisato, nel quale moltissimi di noi ci siamo trovati a dover ricavare un ufficio in casa per fare di necessità virtù, come detto il rischio è quello di tralasciare alcune importanti questioni che con il passare delle settimane andrebbero a pesare non poco sul proseguimento dell’attività. Tra queste, attenzione, in modo particolare, alla luminosità dell’area di lavoro. Quello che negli uffici è solitamente garantito da normali tecniche di progettazione dell’ambiente, in casa non è invece spesso ottenibile: l’illuminazione ambientale è limitata da aperture differenti, i colori adottati non sono spesso ottimali e lo spazio che si può ricavare molto spesso è angolare, o comunque buio. Il rischio si fa forte soprattutto quando scende la sera e ci si trova di fronte ad uno schermo troppo luminoso. 

Due gli accorgimenti da adottare ad ogni costo: limitare luminosità e contrasto dello schermo, a costo di avere immagini ben poco vivaci e colorate sul display; ottimizzare la luce diffusa nella stanza, ma soprattutto attorno allo schermo, così da ridurre il contrasto tra la luce dei pixel e il buio delle pareti circostanti. Il punto 1 va gestito con approssimazione, cercando il giusto compromesso tra qualità dell’immagine e resistenza della vista dopo ore di lavoro. Il punto 2 invece richiede semplicemente accorgimenti specifici: l’uso di una luce artificiale quando quella naturale viene meno, il posizionamento della scrivania in modo da non proiettare ombre sull’area di lavoro ed infine una lampada nei pressi del monitor per poter adattare la luce in base alle necessità. 

Infine, per proteggere i nostri occhi, soprattutto in questo periodo, tra i dispositivi che abbiamo in casa, scegliamo quello col monitor più grande e teniamo una distanza di lettura di 70-80 cm. Così gli occhi si sforzano di meno. Per lo stesso motivo evitiamo di guardare film sul telefonino. Lubrifichiano gli occhi con colliri che siano sempre monodose e privi di conservanti, per evitare problemi ed allergie.