Perché leggere ancora e moltissimo? Perché la lettura resta un piacere squisito, a ogni età, se si è avuta la fortuna di essere stati iniziati fin da piccini al gusto raffinato del leggere. E del sognare leggendo. Gusto che purtroppo le giovani generazioni stanno smarrendo, perdendo così in un sol colpo molteplici opportunità di crescita interiore, di conoscenza, di uso di un linguaggio articolato e raffinato, di stimoli sempre nuovi, di viaggi infiniti nello spazio e nel tempo, di emozioni e di gioia, oltre che di eccellente stimolo per la neuroplasticità cerebrale. Ancora più preziosa per contrastare l’insidioso insinuarsi della ruggine del tempo anche nel più allenato cervello.
Qualche ora dal libraio di fiducia, o nella ricchissima Feltrinelli di Milano, o nelle librerie degli aeroporti, se si viaggia molto, è sempre un’occasione per sorprendersi, per riattivare antiche delizie, o per scoprire nuovi orizzonti. Se poi si aggiunge la doppia combinazione degli audiolibri, magari in lingua originale, almeno per quelle conosciute, la delizia di moltiplica.
L’ultima (ri)scoperta, che merita condividere con gli amici lettori, è «Il Conte di Montecristo», di Alexandre Dumas, ora disponibile in molteplici edizioni, anche in Italia, oltre che in versione audiolibro. Narratore potente, con straordinaria capacità di regìa narrativa e visionaria, Dumas folgora il lettore con la storia del singolare protagonista, che mi ha entusiasmata a molteplici livelli, e più di quanto ricordassi. Da ragazzina, m’era rimasta impressa la singolare figura dell’Abate Faria, coltissimo prigioniero della cinica prigione di Château d’If, vicino a Marsiglia. Anche ora, l’Abate resta stagliato nella memoria, per la generosità nell’educare il protagonista, Edmond Dantès, a torto imprigionato a vita, senza giudizio, e del tutto ingiustamente, nella stessa galera. Si incontrano cercando di scavare per anni un tunnel attraverso cui fuggire. Nelle innumerevoli conversazioni notturne, Faria educa pian piano Dantès, marinaio di talento, ma quasi illetterato, facendone un uomo coltissimo e di modi super raffinati, al punto da non temere confronti con la più esigente alta società di Paesi del tutto diversi, una volta fuggito. Certo, il giovane Dantès, in maniera rocambolesca, eredita anche un patrimonio strepitoso.
Al di là del piacere narrativo, di immergersi nel racconto al punto di sentire fisicamente gli ambienti, gli odori, i colori, i sapori e i suoni, le angosce e le paure, i sogni di fuga e i tonfi di sconforto, e la raffinatezza delle conversazioni, suggerisco di leggere e meditare, fra le altre, le pagine dedicate al dialogo e all’iniziazione culturale di Dantès. In un contesto di galera durissimo, cupo, disperato, di isolamento totale, dominato dal buio nella cella e nell’anima, dalla segregazione che uccide, l’incontro con il dotto Abate porta pian piano una luce e un calore diversi nella vita altrimenti annichilente di Edmond Dantès.
Molti pensieri diversi si sono affacciati alla mente, leggendo quelle righe. Quante occasioni di crescita, di rinascita, di riscatto sociale, di opportunità e di poesia perdono i nostri ragazzi, che non sanno più leggere, chiusi nella galera invisibile, ma potentissima, dei social e dei like? Illusi, a gran torto, di essere liberi. Galera a volte più ottenebrante e definitiva di una prigione vera. La metà dei nostri studenti liceali non sa comprendere un testo scritto. Saprebbero comprendere un romanzo come questo, e innamorarsene, o lo butterebbero dopo le prime tre pagine? E quanto perdono di sé e della vita, non leggendo più quasi nulla, se non messaggi sgrammaticati? E non è solo Dantès. Un altro personaggio, Luigi Vampa, pastore di pecore diventato bandito feroce e capobanda, chiede al curato fin da piccolo di imparare a leggere e a scrivere. E viene sorpreso dal protagonista mentre legge concentratissimo i commentari di Gaio Giulio Cesare, nella sua grotta, mentre gli altri banditi dormono con le carabine a fianco.
Percorsi e destini diversi, dove tuttavia la possibilità di conoscere, di leggere, di pensare, di imparare, di uscire dal recinto di vita primaria riesce a forzare il sarcasmo del destino di nascita, con impensati orizzonti di opportunità, ribellione e trasformazione. Perché ne parlo? Per invitare gli amici lettori a rigustare questo romanzo straordinario, e molti altri, nelle vacanze di Natale.
Per suggerire di leggere racconti, adatti all’età, a figli e nipoti. Per raccontare storie che incuriosiscano, e invitino a leggere di più.
Per regalare libri, a seconda del gusto, ad amici e parenti, giovani e meno giovani. Per riaprire orizzonti di vita.
Leggendo, solitudine, depressione e male di vivere, oggi così diffusi, possono stemperarsi in modo inatteso. L’orizzonte del cuore può tornare limpido e azzurro, acceso da un sorriso sorpreso e grato, luminoso e felice.