TIRANA (Albania) - Ancora una morte su un campo di calcio. Raphael Dwamena, 28 anni, ex Saragozza e Levante, è morto durante una partita di campionato albanese. Il ghanese è crollato in campo nel corso della gara di Serie A tra la sua squadra, l’Egnatia, e il Partizan.
L’ultimo episodio era stato quello di Bruno Boban 25enne giocatore croato, che il 24 marzo 2018 durante il match di terza divisione tra Marsonia e Pozega Slavonija, dopo aver ricevuto una pallonata al petto, è collassato senza risvegliarsi. Poche settimane prima in una stanza d’albergo, a poche ore dalla gara contro l’Udinese, viene trovato il corpo senza vita di Davide Astori, 31enne capitano della Fiorentina: bradiaritmia la causa.
E la memoria corre indietro a tanti episodi simili. Impossibile dimenticare quanto accadde il 14 aprile del 2012 allo stadio “Adriatico”. A un certo punto è calato il gelo quando, al 31’ del primo tempo, col Livorno avanti 2-0 sul Pescara, Piermario Morosini si è accasciato. Il cuore del 25enne centrocampista amaranto si è fermato, con i medici ad accorrere sul campo per prestare i primi soccorsi: massaggio cardiaco e poi l’inutile corsa all’ospedale Santo Spirito. Una storia drammatica quella di Morosini, senza l’happy end toccato invece a Fabrice Muamba, calciatore del Bolton crollato (marzo 2012) in campo durante il quarto di finale di FA Cup contro il Tottenham e poi ripresosi o a Christian Eriksen il 12 giugno 2021 agli Europei con la Danimarca: accasciatosi a terra privo di sensi ha ripreso conoscenza dopo diversi minuti e dopo l’insistito intervento dei sanitari. Morosini non ha avuto la stessa fortuna ma di morti in campo purtroppo il calcio ne ha viste tante.
Nell’agosto 2011 la triste sorte era capitata al giocatore giapponese della Matsumoto Yamaga, Naoki Matsuda, morto dopo un’agonia di due giorni, dopo il malore avvertito nel corso degli allenamenti: arresto cardiopolmonare per il 34enne difensore, tra i pilastri della nazionale nipponica. Sempre ad agosto, ma due anni prima, lo stesso destino era toccato al giovanissimo capitano dell’Espanyol Daniel Jarque, stroncato a 26 anni da un attacco cardiaco, mentre parlava al telefono. Jarque si trovava a Coverciano, dove si stava allenando con la squadra in vista delle amichevoli in programma in Italia. Anche in quella occasione i medici hanno tentato di rianimare il calciatore, ma senza alcun risultato. In precedenza, il 29 dicembre 2007, era toccato a Phil O’Donnell: stava per essere sostituito nei minuti finali della gara che il suo Motherwell ha poi vinto 5-3 sul Dundee United. Lo scozzese, però, non ha fatto in tempo a dare il cambio al compagno a bordocampo quando, improvvisamente, è crollato a terra. Neanche l’arrivo tempestivo dell’ambulanza e il successivo trasferimento in ospedale sono serviti: è morto a soli 35 anni.
Tragedie di cui è costellata anche la storia del calcio italiano. Se la cavò l’allora centrocampista della Roma, Lionello Manfredonia, che il 30 dicembre 1989 si accascio’ durante una partita col Bologna, rischiando di morire. Il 30 ottobre del 1977, a Perugia, invece, se ne andava Renato Curi. Il centrocampista degli umbri aveva 25 anni quando si accasciò sul terreno di gioco, colpito da un infarto nel corso del match di campionato con la Juventus. L’8 novembre del 1987, la morte di Andrea Ceccotti, giocatore della Pro Patria, mentre è sbiadita nel tempo quella di Giuliano Taccola, centravanti della Roma morto il 16 marzo 1969 nello spogliatoio di una gara contro il Cagliari. Una lunga scia che purtroppo va ancora avanti.