CANBERRA – Battuta d’arresto del governo, al Senato, sulla riforma universitaria. Per il passaggio dei controversi cambiamenti dei finanziamenti universitari, la Coalizione aveva bisogno del voto di tre senatori non allineati, e si era assicurato quelli dei due esponenti di One Nation, e con Stirling Griff, di Centre Alliance, ancora incerto sulla posizione del Partito (Rebekha Sharkie sta negoziando con il governo e ha chiesto un incremento di posti universitari per i tre atenei del South Australia, ndr) contava sul voto di Jacqui Lambie.
La settimana scorsa col tipico piglio focoso che la contraddistingue, la senatrice indipendente della Tasmania ha annunciato che con il suo voto affonderà il disegno di legge, che, ha aggiunto, “merita di venire bocciato perché rende più difficile la vita dei ragazzi poveri e dei loro genitori”.
“Che io sia dannata se voterò per dire alla nazione che i poveri non meritano un lavoro da sogno”, ha fatto sapere la Senatrice, in un comunicato.
Lambie ha detto che al di là della sua opposizione filosofica a una riforma mirata ad aumentare i costi dei corsi universitari nelle discipline umanistiche, la sua decisione è stata maturata dopo che il governo ha raggiunto un accordo con One Nation per offrire uno sconto del 10% per chi è in grado di pagare per l’intero corso al momento dell’iscrizione: “In pratica si tratta di uno sconto praticato solo ai ricchi”, ha detto.
La senatrice della Tasmania, ex caporale dell’esercito, ha aggiunto di essere altresì contraria alla misura punitiva di sospendere i prestiti HECS per gli studenti che non presentano il 50% degli esami al primo anno.
Lambie dubita inoltre che la riforma riuscirà a promuovere la creazione di 100.000 nuovi posti universitari entro il 2030, dicendo comunque di essere aperta a un dialogo costruttivo con il governo se quest’ultimo sarà capace di mettere da parte “le guerre ideologiche in base alle quali le università sono il nemico e la classe operaia è un danno collaterale”.
La decisione di Lambie di non appoggiare la riforma, mentre il ministro dell’Istruzione Dan Tehan ha annunciato un finanziamento extra da 326 milioni di dollari per creare 12.000 nuovi posti universitari e che la ratifica ufficiale arriverà nel budget di domani.
Il gruppo degli otto, che rappresenta i maggiori atenei del Paese e il 70% della ricerca universitaria a livello nazionale, ha confermato che la pandemia è stata devastante per gli enti di ricerca, destinati a perdere 1,5 miliardi di dollari in finanziamenti, a conseguenza del collasso del mercato degli studenti internazionali.
L’amministratrice delegata del gruppo, Vicki Thomson, denunciando l’eccessiva dipendenza delle università dal flusso di studenti internazionali, ha sottolineato la centralità della ricerca: “Se non si sostiene il settore australiano della ricerca, che è rinomato a livello mondiale, non si sostiene l’enorme talento intellettuale che la nazione riesce a esprimere”.
La portavoce dell’opposizione all’Istruzione, Tanya Plibersek, ha detto che la decisione di Lambie avrebbe costretto il governo “all’umiliante ammissione che si tratta di una riforma crudele per negare un posto universitario a decine di migliaia di studenti”.