Massima segretezza, poi il primo matrimonio di un capo di governo australiano durante il suo mandato. Anthony Albanese e Jodie Haydon si sono sposati sabato scorso, con una cerimonia privata nella residenza del primo ministro a Canberra. Tra gli invitati alla Lodge anche i ministri Jim Chalmers, Penny Wong, Richard Marles, Katy Gallagher, Mark Butler, Don Farrell, Tony Burke, Tim Ayres e il segretario nazionale dell’ALP, Paul Erickson. Niente maxi-luna di miele, come il leader laburista aveva anticipato qualora non avesse ottenuto una riconferma lo scorso maggio: da un paio di mesi si è passati a una settimana scarsa, poi ritorno al lavoro, anche se per il primo ministro quella appena iniziata sarà un’estate molto più rilassante di quella passata quando, subito dopo le festività di fine anno, aveva dato il via - con largo anticipo su quella ufficiale - alla sua campagna elettorale.

Sarà molto più tranquilla la ripartenza del prossimo anno perché il governo, dopo una riconferma strepitosa in fatto di seggi conquistati alle urne, ha appena concluso i lavori parlamentari del 2025 con l’ennesimo successo, grazie anche all’incredibile disorganizzazione che caratterizza un’opposizione sempre più evanescente. Via libera in extremis, dopo l’accordo raggiunto con i verdi, con compromessi e concessioni varie, alla riforma ambientale (Environment Protection and Biodiversity Conservation Act), con una balbettante Sussan Ley che, incapace di coordinare le trattative e di stabilire una chiara linea d’azione, si è ritrovata disorientata a lanciare accuse di una partnership (laburisti-verdi) che “tradisce le aspettative del pubblico e delle imprese, che danneggerà la nazione e metterà a rischio migliaia di posti di lavoro”. Il bello è che potrebbe anche avere ragione e che poteva tranquillamente evitare tutti questi presunti o reali rischi, se avesse saputo leggere la situazione: la determinazione laburista a chiudere, come aveva ripetutamente promesso, entro l’anno una riforma dovuta, commissionata proprio non solo dalla Coalizione, ma dalla stessa Ley nelle vesti di responsabile per le politiche ambientali dell’amministrazione Morrison. 

Un altro clamoroso errore di valutazione, un’altra occasione perduta per riprendere un minimo di quota, sfruttando le rare opportunità offerte da un governo sempre attento e altamente disciplinato. Eppure la settimana, l’ultima di lavori parlamentari per l’anno in corso, si era aperta con un breve spiraglio di vitalità grazie a Chris Bowen, presidente designato della COP31 del prossimo anno in Turchia, e Albanese che, dal G20 in Sudafrica, aveva ammesso: abbiamo bisogno del gas almeno fino al 2070 per completare la transizione energetica e non ci saranno cambiamenti, a medio termine, per ciò che riguarda l’esportazione di carbone. Fondamentalismo climatico da una parte (durante il vertice Onu di Belém, in Brasile, il ministro dell’Energia e dei Cambiamenti climatici si è schierato con i Paesi ‘ribelli’ che hanno abbandonato anzitempo il summit in segno di protesta per il mancato inserimento nel documento ufficiale di una tabella di marcia sull’abbandono del carbone), realismo dall’altra. E tutto in famiglia: Bowen ‘contro’ Albanese, con la necessità di spiegare la doppia narrazione, e munizioni extra per la Coalizione con l’incarico internazionale dello stesso Bowen che ha permesso un efficace attacco-slogan sul ‘ministro part time’ e il ‘presidente a tempo pieno’. La festa liberale è durata però poco più di 48 ore, poi le solite divisioni interne, abbinate a tattiche parlamentari inadeguate e fallimenti strategici, hanno spento sul nascere ogni barlume di speranza di una minimissima svolta. 

Solo un sussulto e poi la leadership di Ley è ritornata esattamente dov’era, con conto alla rovescia ripreso immediatamente verso il traguardo autunnale per una sfida che potrebbe diventare doppia, dato che anche nel campo dei nazionali c’è maretta e cresce l’insoddisfazione nei confronti dell’attuale leader, David Littleproud. Il problema della Coalizione, tuttavia, va oltre la leadership: rivela un’incapacità intrinseca di cogliere davvero le opportunità, di concentrarsi a sufficienza per sfruttarle, di mantenere calma e disciplina, nonché di distinguere tra decisioni tattiche e strategiche.

Debolezze continue, con grande occasione persa di consolidare la propria credibilità con il mondo imprenditoriale come opposizione responsabile e, soprattutto, ancora rilevante, sfruttando il calo elettorale dei verdi. Invece, per questi ultimi, la clamorosa opportunità di ritornare in auge, chiedendo e ottenendo che i combustibili fossili siano esclusi dalle accelerazioni sui progetti che riguardano lo sviluppo delle risorse energetiche del Paese. I verdi, che lo scorso maggio erano stati messi al tappeto dagli elettori alla Camera e alle corde nel Senato, sono stati inaspettatamente salvati e rilanciati dalla squadra Ley, che ha effettuato un pericoloso sorpasso sulla strada dell’irrilevanza, almeno per ciò che riguarda le nuove norme di protezione ambientale, essenziali per il settore industriale e minerario.

Il primo ministro aveva fissato la settimana appena trascorsa come scadenza per la conclusione del processo quinquennale, ampiamente contestato e fonte di forte preoccupazione nel mondo imprenditoriale. Eppure, la posizione della Coalizione è rimasta incerta, i suoi negoziatori dispersi e la minaccia rappresentata dai verdi sottovalutata.

Nei giorni precedenti le negoziazioni finali, il settore industriale e minerario aveva incontrato difficoltà a interagire con i liberali e i nazionali e avrebbe desiderato un coinvolgimento più tempestivo, più approfondito e di più alto livello. Le imprese auspicavano che fosse la Coalizione, e non i verdi, ad avere l’ultima parola sull’accordo legislativo, poiché ciò sarebbe stato più favorevole al settore minerario - e persino Albanese avrebbe preferito trattare con i liberali piuttosto che con la formazione guidata da Larissa Waters. Ed invece è andata come è andata e il primo ministro è stato più pronto che mai ha raccogliere il ‘successo’ di quella che ha definito “una giornata storica per l’ambiente e il Paese”. “Ed è anche una buona giornata per le imprese – ha detto -, poiché forniremo maggiori certezze, ridurremo i ritardi e garantiremo migliori risultati e una maggiore produttività”.  

Due giorni dopo a Canberra una giornata, a livello personale, ancora più importante ed è stata festa vera.