MELBOURNE - Artista, direttore creativo, percussionista, musicista: sono tanti gli aggettivi con cui si può definire Eugene Ughetti, perché altrettante sono le dimensioni artistiche che ha esplorato nel corso della sua carriera. Tra queste c’è sicuramente la sperimentazione, che ha accompagnato la sua maturazione espressiva.

Nominato direttore creativo del Canberra International Music Festival lo scorso luglio, Ughetti ricopre lo stesso ruolo anche per Speak Percussion, un collettivo di artisti che ha fondato circa 25 anni fa.

Quella che si svolgerà tra il 30 aprile e il 4 maggio prossimi sarà la prima edizione del Festival sotto la sua direzione creativa, che promette un programma ricco, fatto da 25 concerti e pensato per gli amanti della musica sia classica sia sperimentale. Il tema scelto è Liberté - Libertà: “E con questo non ci riferiamo soltanto alla libertà di espressione artistica, ma anche culturale, identitaria e all’integrità territoriale. Libertà dalla repressione e controllo politico”, ha spiegato Ughetti. 

Un tema ispirato dalla delicata situazione mondiale, per riscoprire l’importanza del mettersi in ascolto, senza la necessità di rispondere, ma con l’intento di comprendere. “Vogliamo che sia uno spazio musicale e di riflessione”, ha aggiunto. 

Una scelta perfettamente coerente con la sua concezione artistica, il cui obiettivo è di fare “un tipo di arte che porta a riflettere sul mondo e sul nostro posto nel mondo perché, quando proviamo nuove idee, ci apriamo a nuovi modi di pensare e di sperimentare il mondo che ci circonda”. “Ecco perché voglio essere un artista”, aggiunge.

La scelta di affidargli la direzione del Festival di Canberra viene riassunta da Eugene Ughetti nel fatto che “sebbene il Festival sia classico nel suo orientamento, ha sempre avuto uno spirito avventuroso e fuori dagli schemi”. Deve aver convinto, dunque, l’unione tra la sua formazione musicale legata all’ambito classico e il suo lavoro di sperimentazione e ricerca. 

“Ma credo che alla decisione abbia contribuito anche la mia lunga esperienza come direttore creativo per piccole realtà, che mi ha permesso di capire cosa serve per amministrarle. Bisogna, infatti, saper fare le giuste scelte artistiche, ma anche gestire molti altri aspetti, tra cui quello finanziario, le priorità e le collaborazioni”.

La musica, e le percussioni in particolare, hanno da sempre fatto parte della vita di Eugene Ughetti. Il padre, migrato in Australia dall’Italia, era infatti un percussionista e gestiva un negozio di musica, dove il piccolo Eugene ha cominciato a suonare quando aveva circa sei anni. La parte più creativa è stata forse ereditata dalla mamma, che era un'artista visiva. 

Da adolescente Ughetti ha seguito un percorso di studi classico, che lo ha portato a suonare, sotto la direzione di importanti Maestri, con l’orchestra sinfonica giovanile di Melbourne viaggiando in Australia e all’estero.

Con il tempo, il musicista ha cominciato a sentire l’esigenza di sperimentare e di evolversi, di fare musica in contesti più raccolti. È in questo periodo che fonda Speak Percussion, un luogo dove esplorare i confini della comprensione musicale, dando sfogo alla propria creatività.
“È stata la mia curiosità ad avvicinarmi a questo approccio”, ha detto Ughetti prima di spiegare che intende la musica come una compagna di viaggio, “piuttosto che qualcosa che devo necessariamente capire al primo ascolto”.

E il viaggio in compagnia della musica l’ha portato a scoprire un mondo più ampio, fatto non solo di suoni, ma anche di interpretazione visiva, teatrale, “che include spesso i movimenti del corpo”, come anche la progettazione dell’illuminazione e dello spazio, diventando un “progetto multidisciplinare”, come ha spiegato.

La parte che preferisce del suo lavoro è “quel momento in cui stai creando, elaborando la tua arte, ma non sai ancora quale direzione prenderà. Sai che arriverà qualcosa, ma non sai ancora cosa. È un privilegio”. 

Il fatto di essere italo-australiano ha plasmato la sua visione della realtà: “Alle elementari passavo molto tempo con mia nonna, che parlava solo italiano, quindi pensavo in maniera bilingue. Il modo di pensare un italiano è molto diverso da quello di un anglosassone: è più poetico e meno diretto. Si gira intorno all’idea, anziché andarci direttamente”.

A facilitare la sua evoluzione artistica, le origini italiane hanno contributo in due modi fondamentali: il primo è stato quello di farlo sentire “un outsider”, regalandogli la consapevolezza di essere diverso dagli altri; il secondo è stato conoscere e interiorizzare il concetto di bellezza, intrinsecamente legato alla cultura italiana.