BELGRADO – A Belgrado si è svolto l'evento centrale dei tre giorni di iniziative a sostegno del presidente Aleksandar Vucic e del governo, cominciate ieri con migliaia di persone in corteo nel centro della capitale, dove hanno srotolato una bandiera serba lunga 200 metri.

A Novi Pazar, nel sud del Paese, gli studenti in agitazione hanno indetto da parte loro una nuova grande protesta contro le autorità, accusate di corruzione, scarsa democrazia e controllo sui media. In entrambi i casi è prevista la partecipazione di migliaia di persone, con l'arrivo di aderenti provenienti da ogni parte del Paese.

Tanti gli studenti che hanno raggiunto Novi Pazar - capoluogo della regione a maggioranza musulmana del Sangiaccato - con ogni mezzo, e anche a piedi, da Belgrado, Nis, Novi Sad, Jagodina, Kragujevac. Stamane la polizia è intervenuta a rimuovere gruppi di giovani manifestanti che si erano stesi sull'asfalto a impedire il passaggio di autobus con a bordo cittadini diretti alla manifestazione pro-Vucic di Belgrado. Molta tensione ma non vi sono stati incidenti.

E prosegue intanto la missione di un'ottantina di studenti universitari che in bicicletta sono in viaggio verso Strasburgo, dove intendono presentare le loro istanze alle istituzioni europee. Partiti nei giorni scorsi da Novi Sad, sono transitati da Budapest, Bratislava, Vienna, Linz, Salisburgo, Monaco di Baviera, e sono attesi oggi a Ulm, sempre accolti con grande calore e festeggiamenti dalle locali comunità della diaspora serba. Il loro arrivo a Strasburgo, dopo aver percorso più di 1'300 km, è previsto per il 15 aprile.

Nella capitale, nel frattempo, cori da stadio e fuochi d'artificio a Belgrado per il presidente serbo Aleksandar Vucic, che ha parlato davanti a decine di migliaia di persone – 145.000 secondo stime della polizia - radunate intorno al parlamento nel centro della capitale, nell'evento centrale della tre giorni di mobilitazione popolare in suo sostegno.

Dopo che alla folla si erano rivolti, a sorpresa, il leader nazionalista serbo-bosniaco Milorad Dodik, ricercato dalle autorità centrali del suo paese dopo essere stato condannato per aver violato la Costituzione, e, con un videomessaggio, il premier ungherese Viktor Orbán, in un discorso infuocato di oltre mezz'ora Vucic è tornato ad accusare il movimento degli studenti in agitazione, responsabili di aver paralizzato il paese negli ultimi cinque mesi con cortei e raduni non autorizzati, con l'occupazione di facoltà universitarie, blocchi stradali improvvisi, soprusi di ogni tipo e azioni violente inammissibili in una società democratica. E tutto ciò, ha ribadito, con l'appoggio dell'opposizione e di forze esterne interessate a indebolire e distruggere la Serbia.

"Siamo stati ostaggi di un autentico terrore. Non vogliono le elezioni, non vogliono un referendum sulla mia persona, non vogliono il dialogo. Ma cosa volete?", ha detto Vucic. "La Serbia però si è sollevata e non accetta più tali soprusi", ha aggiunto nel mare di applausi e sventolio di bandiere nazionali.

Dopo aver annunciato ufficialmente la creazione di un nuovo Movimento popolare, destinato a coagulare "energie nuove, persone nuove e motivate e con un programma fino al 2035", Vucic si è soffermato su cinque punti, a suo avviso imprescindibili per il ritorno alla normalità e a rapporti civili e democratici nel paese.

In primo luogo, ha detto, tutti gli organi e istituzioni competenti devono adoperarsi al più presto per il pieno ripristino dell'ordine, della pace e della sicurezza, nel rispetto della legge e della costituzione. Inoltre, va stabilita la responsabilità di tutti coloro che hanno preso parte ad azioni violente e di vandalismo, attacchi ingiustificati a cittadini pacifici e riunioni autorizzate.

Il terzo punto enunciato dal presidente riguarda la necessità di garantire al più presto il ritorno alle lezioni e all'attività didattica di tutti gli studenti e gli universitari che lo desiderino. È importante poi individuare tutti coloro che in qualche modo hanno ispirato, aiutato o partecipato ad attività dirette ad attaccare le istituzioni vitali del paese. Quinto e ultimo punto, il contrasto a ogni tipo di azione che danneggi o paralizzi l'attività economica, e impedisca ai cittadini di vivere normalmente la propria quotidianità.

A più riprese negli ultimi giorni Vucic e il governo hanno denunciato un calo del tasso di crescita e del flusso di investimenti a causa del movimento di protesta.

"La rivoluzione colorata è finita. L'attacco alla Serbia è arrivato dall'esterno poiché all'estero vi sono molti che non vogliono vedere una Serbia libera indipendente e sovrana. Non vogliono vedere un paese che prende da solo le due decisioni. Ma i serbi non consentiranno che il loro paese venga distrutto", ha affermato Vucic, che al termine del suo discorso ha sventolato a lungo una grande bandiera serba, tra il crepitio di fuochi d'artificio al di sopra del parlamento.