Orietta Berti, con la sua ironia e spontaneità, regala un momento di schiettezza e leggerezza parlando del significato dell’acronimo LGBTQIA+. Invitata a spiegare ogni lettera, la cantante, considerata da molti un’icona gay, si cimenta in una prova che ha finito per divertire lei e chi ascoltava. Inizialmente sicura sulle prime lettere, quando le vengono chieste le ultime, esordisce con una battuta: “La T è per ‘terosessuali’?”, ammettendo poi di tentennare nel completare la sigla. Interpellata sulla ‘A’, ipotizza stia per “altro”. Il siparietto si inserisce in un racconto più ampio della sua vita, ricco di aneddoti e riflessioni. Orietta parlato con tono leggero di quando, al suo matrimonio, non fu suo marito a dire “sì” ma fu in realtà un collega, con un sorriso, scherza sul fatto che, “vocalmente”, è “sposata” con lui.

Ma non è solo ironia: la sua carriera ha conosciuto momenti difficili, in particolare in seguito all’edizione del 1967 del Festival di Sanremo, legata alla tragedia di un grande artista, Luigi Tenco. Anche di questo parla con sincerità: dopo quella vicenda fu esclusa dai media, non riceveva più inviti né interviste, e confessa che gli unici ad averle dato speranza e forza sono stati il suo pubblico e i suoi fan. Così, la spiegazione, approssimativa e buffa, dell’acronimo LGBTQIA+ diventa uno spunto per restituire l’immagine di una donna che non teme di mostrarsi vulnerabile, capace di autoironia, ma anche di raccontare verità non facili. Un quadro autentico, segnato da esperienze profonde e da un rapporto sincero con il suo pubblico. In conclusione, Orietta Berti dimostraancora una volta che, al di là delle etichette o delle sigle, ciò che conta è la trasparenza: in un momento ludico come questo, emerge il ritratto di un’artista che sa raccontarsi, con leggerezza e con onestà.