MONTEVIDEO - Nelle prime ore di domenica, un gruppo di delinquenti è arrivato nel quartiere Brazo Oriental – nella zona nord della capitale – con lunghi assi di legno per scavalcare i tetti delle case vicine all’abitazione della procuratrice generale, Mónica Ferrero. Nel giro di pochi minuti sono riusciti a entrare nal giardino della casa, dove hanno sparato diversi colpi e lanciato una granata.
I vicini hanno riferito di aver sentito, poco dopo le cinque del mattino, prima alcune detonazioni, poi un boato: qualcuno ha pensato a fuochi d’artificio per l’anniversario del Peñarol (la popolare squadra di calcio fondata il 28 de septiembre 1891), ma ben presto è stato chiaro che si trattava di un fatto grave.
La deflagrazione ha frantumato i vetri della cucina e riempito di fumo l’abitazione. Ferrero e la sua famiglia, svegliati di soprassalto, hanno capito subito di essere sotto attacco.
Gli aggressori erano arrivati con un’auto e un pick-up: quest’ultimo è stato ritrovato poco dopo, vicino all’Arroyo Miguelete, un corso d’acqua, mentre l’auto è stata sequestrata e due sospetti sono stati arrestati.
L’ex presidente Luis Lacalle Pou è stato tra i primi a reagire sui social, riferendo di essersi messo in contatto con il presidente in carica Yamandú Orsi che, poco dopo, ha condannato l’attentato e assicurato che ci sono “indagati e piste solide” sui responsabili. Due sospetti, infatti, sono stati arrestati e un’auto - sui cui la banda sarebbe arrivata sul luogo - sequestrata.
Il ministro dell’Interno Carlos Negro ha convocato una riunione d’emergenza e in conferenza stampa ha definito l’episodio “vigliacco”, assicurando che le persone fermate “non saranno né gli unici né gli ultimi”. E ha sottolineato che “non ci faremo intimidire, né la magistratura né la polizia arretreranno di un centimetro”.
Secondo diversi media locali, l’attacco potrebbe essere una minaccia del narcotraffico. Ferrero, nota per il suo lavoro nella lotta agli stupefacenti, aveva già ricevuto intimidazioni in passato. Nel 2020, dopo un attacco con molotov a un’unità antidroga, la procuratrice generale ricevette un messaggio sul cellulare: “Se continuate a renderci la vita difficile, noi saremo un po’ più duri. Se voi sarete flessibili, lo saremo anche noi”.
Il nome di Sebastián Marset, narcotrafficante uruguaiano tra i più ricercati della regione, emerge anche stavolta. Una delle ipotesi investigative è che dietro l’assalto ci sia il gruppo criminale Los Albín, che collabora con Marset. A inizio agosto, la polizia locale ha sequestrato 2,2 tonnellate di cocaina in partenza per l’Europa, arrestando anche sei membri della banda.
Domenica pomeriggio, perquisizioni nel carcere di Libertad hanno portato al sequestro di diversi cellulari, che secondo le prime informazioni contenevano dati sui movimenti del leader di Los Albín e sui suoi contatti con Marset.