TRIPOLI - Osama Njeem Almasri (o Osama Almasri Najim), ex capo della polizia giudiziaria libica e già comandante delle milizie Rada, è stato arrestato oggi per ordine della procura generale libica con l’accusa di tortura e omicidio di detenuti.

L’uomo si trova ora in detenzione preventiva a Tripoli in attesa di giudizio, a seguito di indagini che hanno raccolto prove sufficienti su violenze commesse su almeno dieci detenuti e sulla morte di un prigioniero nella struttura carceraria della Fondazione per la riforma e la riabilitazione. 

La misura odierna si inserisce dunque in un fascicolo già aperto a livello nazionale. Il nome di Almasri Njeem è legato anche al mandato di arresto emesso a inizio anno dalla Corte penale internazionale per presunti crimini contro l’umanità e di guerra, in relazione a fatti avvenuti soprattutto nel carcere di Mitiga dal 2015.

Il provvedimento odierno della procura libica riporta il caso nel perimetro dell’azione penale nazionale. In attesa di ulteriori sviluppi, l’Ufficio del procuratore ha fatto sapere che Almasri è stato interrogato sui fatti, fornendo prove sufficienti per essere incriminato e risulta essere già in detenzione preventiva in attesa di sentenza. 

Osama Njeem Almasri era stato arrestato dalla polizia italiana lo scorso 19 gennaio a Torino, in esecuzione di un mandato d’arresto emesso poco prima dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e crimini contro l’umanità.  

Due giorni dopo il comandante della polizia giudiziaria libica era stato liberato - l’arresto considerato nullo perchè avvenuto senza la preventiva consultazione del ministero della Giustizia - e rimpatriato con un aereo di Stato a Tripoli, dove era stato accolto dall’esultanza dei suoi uomini all’aeroporto di Mitiga.  

Almasri faceva parte delle Rada, le Forze speciali di deterrenza, milizia nata per combattere le forze di Gheddafi e che nel 2012 ha iniziato a costruire un centro di detenzione presso la base di Mitiga che è diventato la più grande prigione della Libia occidentale, luogo dove sarebbero avvenuti i reati contestati dalla Cpi.  

Per avere scarcerato e riportato in Libia il comandante sono stati iscritti nel registro degli indagati i ministri Carlo Nordio e Matteo Piantedosi e il sottosegretario Alfredo Mantovano. Mercoledì scorso il Tribunale dei ministri ha archiviato l’indagine dopo il voto del 9 ottobre alla Camera che ha negato le richieste di autorizzazione a procedere nei confronti dei tre esponenti del governo. 

L’arresto in Libia ha riacceso le polemiche in Italia, con le opposizioni che hanno attaccato duramente il governo per la gestione della vicenda di gennaio. L’avvocato Angela Bitonti, legale di una donna ivoriana vittima delle torture di Almasri, si è detta “felicissima” per l’arresto, ma ha parlato di “grande figuraccia” per lo Stato italiano, manifestando l’intenzione di depositare una richiesta di risarcimento. “Sono veramente delusa e mortificata perché l’Italia non ha proceduto all’arresto quando aveva Almasri tra le mani”, ha commentato.