BUENOS AIRES – Aveva 7 anni, Gerardo Morales, quando la nonna gli ha messo in testa il cappello da alpino appartenuto a suo nonno. Diventare vicesegretario dell’Associazione Nazionale Alpini dell’Argentina era un passo quasi naturale, ma che lo riempie comunque di orgoglio.
Nata nel 1956 su iniziativa di un gruppo di veterani della prima e seconda guerra mondiale emigrati in Argentina, “ora è sostenuta dalla presenza di figli e nipoti che condividono gli stessi valori fondanti” spiega Morales. Oggi la sede è ospitata nel Círculo Trentino, a Buenos Aires.
Si emoziona, quando parla del nonno conosciuto non di persona, ma nei racconti di famiglia, eppure presente in ogni sua scelta. Nato a Spineda di Riese, in provincia di Treviso, nonno Ottaviano Antonio Gazzola combatte nella seconda guerra mondiale.
“Per fortuna, o meglio per una ferita, non finì in Russia – dice Gerardo, la cui cultura cinematografica include ovviamente Italiani brava gente, con Raffaele Pisu, Riccardo Cucciolla e un ancora sconosciuto Peter Falck, ambientato proprio durante quella campagna –. Una volta guarito, lo mandarono in Jugoslavia”.
Arrivò l’8 settembre 1943: venne fatto prigioniero e portato in Germania.
“Riuscì a scappare e sopravvisse nei boschi per sei mesi – continua Gerardo –. Nel 1945, dopo la liberazione, tornò al suo paese, ma trovò solo macerie”. Da qui la decisione di cercare fortuna in Argentina, nel 1947.
La storia del nonno, Gerardo l’ha ricostruita attraverso i ricordi della nonna e della mamma.
La storia degli Alpini, del loro contribuito all’Italia, dei valori che li animano, invece, l’ha scoperta con lo studio della storia: “Mi manca poco alla laurea”, afferma orgoglioso.
Gerardo con l'adorata nonna, in Avenida de Mayo, durante una passata edizione del Buenos Aires celebra Italia
Nel 2010, a 23 anni, Gerardo Morales partecipa al raduno degli Alpini a Bergamo.
“Quando siamo passati sotto il palco ci hanno salutato: una delle emozioni più forti della mia vita” dice.
“In tanti volevano comprare il mio cappello, ma non l’avrei venduto per nessuna cifra al mondo”.
Al cappello del nonno, infatti, è legato un impegno solenne.
“Preso a 7 anni, la prima volta che l’ho indossato – ricorda – Stavo uscendo con la nonna dalla messa, quando un alpino mi vide e mi disse che non era un pezzo di stoffa come un altro e di portarlo sempre con onore, coraggio e sacrificio. Ed è quello che cerco di fare, con l’impegno nell’associazione”.
Un modo per raccogliere il testimone di un esempio ancora oggi presente.
“La mia famiglia non era ricca – dice Morales –. Mia nonna aiutava mia madre con la pensione di guerra del nonno. Se sono quello che sono, è anche grazie al suo sacrificio e al servizio reso al Paese”.
Ottaviano Antonio Gazzola, nonno di Gerardo, in una foto della seconda guerra mondiale
L’associazione organizza pranzi e rievocazioni storiche, in più, sono stati creati tre corsi alpini: a Buenos Aires, a La Plata e a Rosario.
“Abbiamo un repertorio con i classici Vecchio scarpone, Sul cappello, La montanara, La Valsugana e la bellissima Signore delle cime, che tradizionalmente cantiamo come preghiera e commiato quando un alpino ci lascia” spiega il vicesegretario.
Per attirare i giovani, oltre ai tradizionali pranzi e rievocazioni storiche, il club organizza un campionato di tiro.
Gerardo Morales ha un sogno: portare in Argentina Il sergente nella neve di Marco Paolini, lo spettacolo di teatro di narrazione ispirato al romanzo di Mario Rigoni Stern che racconta le vicende umane, più che militari, di un gruppo di alpini durante la ritirata dalla Russia nella seconda guerra mondiale.
Una denuncia dell’assurdità della guerra e, al tempo stesso, una celebrazione dell’umanità e della pietà.
“Un inno allo spirito di corpo – dice Gerardo – alla solidarietà, alla lealtà. Un alpino non è mai solo. Sa che in montagna, in cordata, la vita di ognuno dipende dagli altri che lo sostengono. Ecco, nei momenti difficili della mia vita, ho sempre tenuto in mente questa frase”.