CANBERRA – La decisione di Andrew Hastie di lasciare il governo ombra ha scosso l’opposizione federale, aprendo nuove fratture interne sulle politiche migratorie e alimentando interrogativi sulla leadership di Sussan Ley.
Hastie, ex ufficiale delle forze speciali SAS e fino a pochi giorni fa portavoce ombra per gli affari interni, ha annunciato le proprie dimissioni venerdì, spiegando di voler avere “maggiore libertà di parola sulle questioni che mi stanno a cuore, in particolare sull’immigrazione”.
“Stiamo attraversando un periodo di rinnovamento come partito e voglio poter parlare apertamente dei temi che considero importanti. Per rispettare il principio di solidarietà del gabinetto ombra, ho dovuto fare un passo indietro”, ha detto ai giornalisti a Perth. “Dal back bench continuerò a difendere le cose in cui credo”.
Hastie, che rappresenta il collegio di Canning, nella periferia di Perth, ha dichiarato di voler affrontare senza vincoli quello che ritiene un tema centrale per i cittadini delle grandi aree suburbane australiane: l’impatto dell’immigrazione sui servizi pubblici, sul costo della vita e sulle infrastrutture.
A difendere la scelta di Hastie è stata Melissa McIntosh, deputata liberale dell’ovest di Sydney e una delle poche rappresentanti del partito in collegi urbani periferici. “Posso capirlo, perché provengo da un’area dove l’alta immigrazione sta mettendo sotto pressione le infrastrutture”, ha dichiarato a Sky News. “I costi delle opere pubbliche sono fuori controllo, i nostri ospedali sono al collasso, e le strade intorno al Western Sydney International Airport hanno ancora buche. Capisco perché per lui questo tema sia così importante: lo è per la sua comunità e per la mia”.
Pur riconoscendo la legittimità delle preoccupazioni di Hastie, McIntosh ha ribadito la fiducia nella leadership di Sussan Ley, che guida il partito in una fase di forte crisi dopo la pesante sconfitta elettorale di maggio. “Sussan è entrata in carica in un momento molto difficile. Gli australiani sono delusi da noi, quindi non ci si può aspettare che, quando siamo in uno stato così disastroso a livello parlamentare, le cose siano tutte rosee e tranquille”, ha aggiunto.
Ley, da parte sua, ha dichiarato che Hastie non ha sollevato questioni politiche quando l’ha contattata per comunicarle la sua decisione. “Non ha affrontato temi di politica specifici durante la nostra conversazione”, ha spiegato ai giornalisti, limitandosi a confermare che l’uscita di Hastie è avvenuta per motivi personali e di principio.
La frattura arriva pochi giorni dopo che la leader liberale aveva inviato ai membri del suo team una lettera per ribadire le priorità politiche e la necessità di mantenere la nmassima solidarietà all’interno del governo ombra, anche nelle dichiarazioni pubbliche.
Secondo alcuni osservatori, la decisione di Hastie riflette il crescente malcontento all’interno dell’ala conservatrice del partito per la linea più moderata sostenuta da Ley e da figure come il senatore Paul Scarr, portavoce per l’immigrazione, che promuove un approccio basato sul multiculturalismo e sul rafforzamento dei rapporti con le comunità migranti.
Questa posizione contrasta con quella più rigida di Hastie e di altri conservatori, tra cui la senatrice Jacinta Nampijinpa Price, rimossa dal gabinetto ombra a settembre dopo essersi rifiutata di scusarsi per commenti ritenuti offensivi nei confronti della comunità indiana australiana.
Hastie ha smentito qualsiasi intenzione di sfidare Sussan Ley alla guida del partito. “Sostengo Sussan. Ho preso questa decisione in buona fede. Voglio darle spazio e l’opportunità di costruire una piattaforma politica solida in vista delle elezioni del 2028”, ha dichiarato.
Alla domanda se la sua uscita potesse indebolire la leadership di Ley, Hastie ha risposto: “La politica è un mestiere in cui le convinzioni contano. Tutti sanno che la politica è piena di incertezze, e questo è solo uno di quei momenti”.
Il senatore James Paterson, amico e alleato di Hastie, ha definito la decisione “un gesto di integrità”, pur avvertendo che il partito deve presto ritrovare coesione: “Non è sorprendente che, dopo la più grande sconfitta della storia del Partito Liberale, ci sia un periodo di dibattito e introspezione. Ma non può durare all’infinito. Se tra un anno o due saremo ancora fermi a discuterne, sarà un danno politico per noi”.
Sul caso si innestate anche le affermazioni dell’ex leader federale liberale Peter Dutton, che in una serie di osservazioni riservate alla commissione interna del Partito incaricata di analizzare la sconfitta elettorale ha attribuito parte delle colpe proprio a Hastie, accusandolo di aver “scioperato di fatto durante l’ultima legislatura” e di non aver completato il lavoro di revisione sulla spesa della Difesa.
Secondo fonti citate dalla stampa australiana, Dutton avrebbe sostenuto che “era inconcepibile per lui e i suoi colleghi più stretti che Hastie si fosse di fatto tirato indietro, evitando il confronto mediatico e mancando di incisività”. Le stesse fonti affermano che Dutton e il suo staff ritenevano Hastie responsabile per il modo in cui fu presentata la politica della Difesa del partito, criticata per la scarsa chiarezza e per essere arrivata troppo tardi nella campagna elettorale.
Hastie ha respinto con forza queste accuse, puntando a sua volta il dito contro Dutton e la sua squadra: “Solo Peter Dutton e coloro che lavoravano nel suo ufficio possono spiegare perché la politica della Difesa è stata tenuta nascosta fino alle ultime due settimane della campagna”, ha dichiarato. “È evidente che la diffusione anonima di queste voci non ha nulla a che vedere con le elezioni passate. È semplicemente la vecchia guardia che reagisce, perché sta perdendo terreno sulle questioni dell’immigrazione e dell’energia”.