GAZA - L’Asse della Resistenza antisraeliana, guidato dall’Iran e animato da Hamas, dagli Hezbollah libanesi e dagli Houthi in Yemen, confida nel fallimento del piano Trump sul futuro politico di Gaza. Questa coalizione propone una visione di lungo termine nella lotta contro lo Stato ebraico e il suo espansionismo nella Striscia, in Cisgiordania, in Libano e in Siria.  

Nel giorno in cui si parla di un ridispiegamento militare israeliano, il premier Benjamin Netanyahu ha ribadito l’intenzione di vedere la resa totale, armata e politica, di Hamas. Nelle stesse ore, a Teheran e a Sana’a, le due capitali ora più vivaci dell’Asse della Resistenza, si è tornati a celebrare “la vittoria” dell’operazione “Diluvio di al Aqsa” del 7 ottobre del 2023, con cortei e manifestazioni. “Rimaniamo a fianco del popolo palestinese e della sua resistenza”, hanno intonato le folle nella capitale yemenita e in altre città del paese governato dagli Houthi.  

I commentatori mediorientali vicini alle forze antisraeliane sottolineano come l’Iran, da una parte, abbia accolto con favore il raggiungimento dell’accordo tra Hamas e Israele per la primissima fase del piano Trump. Allo stesso tempo, però, ha “messo in guardia tutte le parti a rimanere vigili contro le azioni in malafede del regime sionista”. Il riferimento è alla distanza che separa la visione di resistenza di Hamas con quella espressa dal piano Trump, secondo cui il movimento palestinese dovrebbe arrendersi e lasciar spazio a un governo di tecnocrati controllati da un board occidentale e arabo.  

Mentre sui media regionali si intensificano le voci di un imminente nuovo attacco israeliano contro l’Iran, col conseguente ricompattamento dell’Asse della Resistenza, suscita l’attenzione degli analisti l’annuncio del Pentagono dell’invio in Israele di 200 militari statunitensi per “monitorare l’accordo” tra Hamas e Israele.  

Per lo shaykh sciita Ahmad Qabalan, suprema autorità degli sciiti libanesi e voce organica al sistema-Hezbollah e filoiraniano, è una mossa che si inserisce nelle azioni “dell’asse israeliano-americano-atlantico”, contrapposto a quello della Resistenza.  

Qabalan, citato da al-Manar, la Tv degli Hezbollah in Libano, ha dichiarato: “L’asse israelo-americano-atlantico ha impiegato tutti i mezzi a disposizione, in una guerra senza precedenti, con l’obiettivo di schiacciare la Resistenza”. Ha poi aggiunto: “Eppure Israele ha perso il suo obiettivo esistenziale, quello di eliminare la Resistenza, che è invece viva e rimane presente”. Il religioso si riferisce in particolare al fatto che Hamas, come annunciato nel suo comunicato di venerdì scorso, non intende né disarmare né farsi da parte per il futuro politico e amministrativo della Striscia.  

Per Qabalan e altri commentatori, l’accordo per il cessate il fuoco a Gaza è da considerarsi “una vittoria” per Hamas e per l’intero Asse della Resistenza “perché si è così stabilita un’equazione paritaria” tra parti in conflitto che militarmente pari non sono affatto. È una visione che riconosce “i costi estremamente alti” della “vittoria” ottenuta da Hamas con l’accordo delle ultime ore, ma che propone al tempo stesso una lettura di lungo periodo: “È una vittoria degna dell’obiettivo più grande: proteggere la terra e cambiare l’equazione (di disparità) di partenza”.